Giuseppe Politi

7 set 20202 min

Riforme, l’occasione per l’Italia del Recovery Fund

Aggiornato il: 8 set 2020

La risposta dell’Europa per fronteggiare la crisi da Covid-19 con il pacchetto da 750 miliardi di euro di cui 390 in aiuti diretti e 360 miliardi in prestiti, chiamato Recovery Fund, rappresenta un momento unico ed è di portata rivoluzionaria. La misura, approvata a luglio dal Consiglio europeo si pone l’obiettivo di aiutare gli Stati membri a risollevare l’economia messa a dura prova dalla pandemia. Il piano, associato a misure come il Fondo di garanzia per le imprese dell’Ue e il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) porta a un potere della spesa pubblica collettiva dell’Europa a circa 1.200 miliardi di euro, circa il 6,5% del Pil. Il piano, punterà al verde, e fino a un terzo dell’investimento pianificato sarà destinato a progetti che accelerino la transizione verso un’economia a zero emissioni di carbonio. In parte, il fondo avvicinerà l’Europa ad un’unione fiscale, in quanto l’accordo ha alla base obbligazioni emesse congiuntamente da più Paesi, che saranno ripagate tramite il nuovo bilancio dell’Ue e con nuove imposte a livello regionale. Questi legami fiscali più stretti potranno portare maggiore stabilità economica e politica in Europa. Un’Europa più unita sarebbe in grado di definire e gestire meglio il suo futuro economico e ritagliarsi un ruolo più influente nella scena mondiale, e le azioni, le obbligazioni e la valuta europee potrebbero occupare in futuro un posto più rilevante all’interno dei portafogli internazionali. Il settore su ci potrebbe essere maggiore ricaduta è sicuramente quello della scarsa manutenzione delle infrastrutture, dove secondo la Banca europea per gli investimenti (Bei), gli investimenti in strade, ferrovie, reti di telecomunicazione e altri attivi fisici ammontano ad appena l’1,6% del Pil della regione, il livello di spesa in conto capitale più basso in 15 anni. Ma è necessario che il piano di ripresa dia particolare attenzione all’ecologia, in quanto gli studi indicano che l’impatto ambientale in Europa è notevole, tenuto conto della dimensione della sua popolazione. In un’analisi condotta nel 2017 sulla base dei Limiti Planetari – un modello che rileva l’impronta ambientale di un Paese rispetto a nove dimensioni, tra cui l’utilizzo del terreno, le emissioni di carbonio e l’inquinamento da sostanze chimiche, ha rilevato che l’Europa contribuisce in modo sproporzionato al riscaldamento globale e alla perdita di habitat naturali. Il progetto europeo dovrà partire con un serio piano di riforme perché un’economia grande e complessa come l’Europa richiede più riforme e investimenti, un vero stimolo per la totale integrazione dei mercati finanziari europei e la creazione di un’unione bancaria. Il piano di ripresa potrebbe anche rivitalizzare gli sforzi per ristrutturare l’economia dell’Unione che è estremamente dipendente dalle esportazioni. Ciò comporterebbe lo stimolo della domanda interna attraverso misure come un reddito di base universale o un’assistenza sociale in tutto il blocco, minori imposte sul reddito, maggiori tasse sul patrimonio, tagli dell’Iva e trasferimenti diretti alle famiglie a basso reddito. Una delle priorità immediate è la tecnologia digitale: le infrastrutture digitali dell’Unione sono notevolmente arretrate, rispetto a Cina e Stati Uniti. Il Recovery Fund contiene accantonamenti per una spesa extra sulla tecnologia. Ma se l’Europa vuole competere a livello globale occorrono ulteriori investimenti: migliorare la connettività, rafforzare la presenza nelle catene del valore digitali in settori quali l’intelligenza artificiale, la cybersecurity, le infrastrutture di dati e cloud, le reti 5G, il calcolo quantistico e la blockchain.