Paolo Baruffaldi

16 apr 20201 min

Telemarketing aggressivo. Il punto della Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato una condanna nei confronti di un recupero crediti molesto che subissava di telefonate un debitore. La Corte di Cassazione, con sentenza 29292/2019, ha stabilito che subissare il debitore di telefonate, integra gli estremi del reato di molestia ex art. 660 cod.pen. Secondo la Corte, il profitto avuto di mira non può essere considerato di valore superiore o anteposto all'esigenza del rispetto delle persone e della loro privacy. Per gli Ermellini, nel caso di specie: "appare indubbio che l'illiceità dell'azione posta in essere (...) è derivata dalla scelta, presumibilmente compiuta dalla governance aziendale, di ricorrere ad insistenti e pressanti iniziative finalizzate al recupero del credito, così anteponendo gli obiettivi di profitto al rispetto dell'altrui diritto al riposo ed a non essere disturbati, ciò che integra il biasimevole motivo richiesto dalla norma incriminatrice; il Tribunale, del resto, è esplicito nell'attestare, sul punto, che già l'elevata frequenza delle telefonate quotidiane risponde alla nozione di petulanza richiesta dalla disposizione applicata". L'elevata frequenza delle telefonate quotidiane risponde alla nozione di biasimevole motivo, previsto dal codice penale ed è legittimo parlare del reato di molestia quando, pur in presenza di fatture non pagate, il debitore venga subissato, più volte al giorno, di chiamate.