Bucci

31 mar 20173 min

Sonni tranquilli

I molteplici appuntamenti politici previsti nell’area Euro (in aprile avremmo prima il referendum costituzionale in Turchia e poi le elezioni presidenziali in Francia, in settembre quelle federali in Germania), i continui cambiamenti sulle prospettive di attuazione del programma politico ed economico di Trump, il quale di settimana in settimana vede diminuire il consenso non solo da parte dei suoi elettori ma anche dei membri del congresso appartenenti all’ala repubblicana, le rinnovate tensioni politiche ed economiche nel vecchio continente, (la Brexit così come le problematiche sulle quote migranti e le manovre correttive che noi per primi saremo costretti ad attuare) rappresentano variabili non facilmente definibili, quindi fonte di possibile volatilità ed incertezza, non solo sui mercati azionari, ma verosimilmente anche su quelli obbligazionari.

In questo contesto avere qualche punto di riferimento concreto potrebbe aiutare a dormire sonni un po' meno agitati nelle prossime settimane.

Partendo dal quadro desolante dell’attuale livello dei tassi di interesse in giro per il mondo, già analizzato la scorsa settimana, sembra opportuno, vista la difficile prospettiva di rendimento della parte obbligazionaria del portafoglio, fare alcune considerazioni prospettiche, partendo da quanto successo negli ultimi anni.

Negli scorsi giorni la Fed ha alzato i tassi di interesse, portandoli all’1%, mantenendo dunque le promesse fatte dal suo presidente Janet Yellen nello scorso dicembre e muovendosi in linea con le aspettative di mercato venutesi a creare negli ultimi due anni.

Che i mercati avessero già scontato, almeno in parte, questa serie di rialzi, siamo al terzo degli ultimi 10 anni, ce lo confermano il cross euro dollaro, che da inizio 2016 si sta muovendo in una fase laterale, con minimi in area 1,04 toccati all’inizio ed alla fine del 2016, e quello dei Treasury.

Come si può vedere dal grafico sottostante i Treasury

a 2 anni sono tornati, in termini di rendimento nominale, ai livelli di inizio 2009, vicini al 1,5% annuo. Il rialzo progressivo e costante iniziato a metà del 2013, quando le migliorate condizioni economiche Usa hanno cominciato a spostare in questa direzione le aspettative degli operatori, è continuato fino all'annuncio da parte della Fed dell'ultimo rialzo ufficiale.

Un pò diverso l'andamento dei Treasury a 10 anni, più condizionati dalle incertezze relative alla sostenibilità e stabilità della crescita economica di lungo periodo, e a quelle di natura politica; entrambe le variabili potrebbero influenzare, nel medio periodo, la tabella di marcia del programma di rialzi stabilito ed ampiamente annunciato dalla Fed.

Interessante il confronto dell'andamento del grafico dei rendimenti del Treasury a 2 anni con quelli del btp di ugual durata, che riportiamo in fondo.

Il titolo di stato biennale italiano ha oggi un rendimento lordo dello 0,25%, quasi sui minimi storici. Pare dunque, che l'attuale quotazione non tenga (per ora) in considerazione possibili mutamenti nei futuri scenari di politica monetaria europea, di crescita economica (ed inflazionistica), di mutamenti politici (elezioni italiane prima o poi...sicuramente non prima di ottobre), di tensioni e scontri politici in pancia alla Bce, del progressivo e costante rallentamento del Qe. Insomma, sembra quasi che questo stato di sonnolenza artificiale indotta, causata dai costanti e massicci interventi negli ultimi anni da parte delle autorità di politica economica e monetaria europea, possa beatamente durare, incurante dei probabili mutamenti inerenti la reale situazione congiunturale.

Questo almeno fino a quando il tranquillo sonno dei molti inconsapevoli investitori non venisse turbato da un brusco ed improvviso risveglio.