Paolo Baruffaldi

27 lug 20181 min

Diritto di circolazione nell'UE; l'intervento della Corte di Giustizia

La Corte di Giustizia, nell’ambito della direttiva sulla libertà di circolazione, “la nozione di «coniuge», che designa una persona unita ad un’altra da vincolo matrimoniale, è neutra dal punto di vista del genere e può comprendere quindi il coniuge dello stesso sesso di un cittadino dell’Unione”. La Corte Ue stabilisce che “lo stato civile delle persone, a cui sono riconducibili le norme relative al matrimonio, è una materia che rientra nella competenza degli Stati membri e che il diritto dell’Unione non pregiudica tale competenza. Questi ultimi restano quindi liberi di prevedere o meno il matrimonio omosessuale”. Allo stesso tempo, però, non possono negare la qualifica di “coniuge” a chi è unito in matrimonio a un proprio cittadino ostacolando il diritto di soggiorno. La pronuncia della Corte deriva da un ricorso presentato da una coppia omosessuale costituita da coniugi di nazionalità rumena e americana, sposati in Belgio. Nel 2012 la coppia ha chiesto alle autorità della Romania di ottenere il diritto di soggiorno per il coniuge americano in base alla direttiva sulla libertà di circolazione, che permette al coniuge di un cittadino dell’Unione di raggiungere quest’ultimo nello Stato membro in cui soggiorna. La Romania rifiutava le richieste avanzate e così veniva adita la Corte UE. Pertanto, in base alla pronuncia della Corte di Giustizia, gli Stati possono anche non autorizzare il matrimonio omosessuale ma non possono ostacolare la libertà di soggiorno di un cittadino europeo rifiutando al coniuge dello stesso sesso, cittadino di un paese terzo, il diritto di soggiorno sul proprio territorio.