Fulvio Bucci

15 lug 20192 min

Christine Lagarde all’Eurotower

I mercati hanno festeggiato la scelta di Christine Lagarde, prima donna al vertice dell’Eurotower di Francoforte senza mai essere stata governatrice di una banca centrale, come successore di Mario Draghi alla Banca centrale europea, perché La Lagarde è francese e quindi considerata dai mercati più tollerante e realista di un tedesco o finlandese o di un paese anseatico. La Lagarde comunque è certamente meno una teorica accademica e certamente meno preparata sulla politica monetaria rispetto a Mario Draghi o all’ex governatore degli Stati Uniti Ben Bernanke, poiché proviene da una formazione legale. Durante la gestione della crisi del debito sovrano in Grecia, la numero uno del Fmi chiese, pressata dai paesi emergenti come il Brasile, a più riprese il taglio del debito o la sua ristrutturazione che gli europei, preoccupati delle conseguenze sui bilanci delle banche francesi e tedesche pesantemente coinvolte nei bond ellenici, rinviarono a quando i titoli greci passaro in mano alla Bce. Considerando la differenza tra Stati Uniti ed Europa bisogna ricordare che i primi decisero a favore di un’espansione monetaria e fiscale già nel 2009, subito dopo lo scoppio della grande recessione causata dai debiti contratti sui mutui ad alto rischio, i cosiddetti mutui subprime. La Federal Reserve, dopo il fallimento di Lehman Brothers avvenuto il 15 settembre 2008, intervenne subito, come pure il governo con il mega piano salva-banche varato dal presidente George W. Bush figlio, per un valore di 700 miliardi di dollari oltre alla ricapitalizzazione per Freddie Mac e Fannie Mae, due giganti pubblici del credito sui mutui. L’Unione europea invece, senza una politica fiscale comune a livello federale o un bilancio comune della zona euro, ha iniziato a mettere sul piatto l’acquisto concordato di titoli sovrani sul mercato secondario con requisito di condizionalità, e poi il quantitative easing, o allentamento monetario non convenzionale, rispettivamente dal 2012 e dal 2015. Quanto all’eredità di Draghi è molto complessa e articolata: in caso di una nuova crisi lo spazio per allenamento monetario è oggi molto limitato. Siamo in una sorta di “trappola della liquidità” alla giapponese, con buona parte degli strumenti monetari già utilizzati.