La Redazione

3 apr 20202 min

Un complicato gioco al ribasso, il cui esito è molto difficile da prevedere

In queste settimane di altissima volatilità ed incertezza sui mercati finanziari, anche il prezzo del petrolio è crollato sui minimi assoluti, toccando i 20 dollari al barile mentre hanno subito grossi cali di valore anche tutte le monete dei principali paesi produttori di petrolio, come il rublo russo e il peso messicano. La discesa vorticosa dei prezzi, iniziata già a febbraio sulle aspettative negative di domanda di greggio da parte della Cina, complice la situazione congiunturale dettata dalla Pandemia di Coronavirus, è peggiorata con l’annuncio da parte dell’Arabia Saudita di voler aumentare la sua produzione di petrolio. La decisione dell’Arabia Saudita è arrivata in seguito al fallimento delle trattative con la Russia per prorogare una riduzione concordata della produzione oltre il mese marzo che impone ai produttori di limitare le quantità di petrolio estratto nel tentativo di mantenerne i prezzi elevati. Questa mossa dei sauditi è esplicitamente pensata per danneggiare la Russia e gli Stati Uniti, il cui petrolio è molto costoso da estrarre e che quindi rischiano di non avere guadagni dall’estrazione quando il prezzo scende sotto i cinquanta dollari a barile.

La decisione di abbassare il prezzo del petrolio e quindi ridurre i rendimenti prodotti dalla vendita di petrolio danneggia quei paesi come la Russia, la cui metà del bilancio pubblico è finanziato con i proventi dell’industria petrolifera e del gas, mentre la situazione è altrettanto sbilanciata per diversi paesi africani e sudamericani. Il resto del mondo, invece, pagherà ancora meno per acquistare petrolio e questo permetterà a molti paesi di risparmiare.

Certo è che il gioco al ribasso potrebbe creare seri problemi agli stessi giocatori: Il Fondo Monetario Internazionale ha stimato che il break even point per il bilancio statale dell'Arabia Saudita si aggira nel 2019 attorno ai 73$ al barile. Si tratta quindi di un gioco sul filo del rasoio perché un prezzo alto aumenta il numero dei produttori, riduce le quote di ciascuno e quindi le entrate di Riad. Un prezzo basso riesce ad eliminare qualche concorrente ma metterà a rischio la politica di sovvenzioni e di (parziale) ridistribuzione della ricchezza che ha garantito, fino ad ora, la pace sociale nel Paese. Lo stesso problema si estende all’Iran dove oltre all'abbassamento dei prezzi che influirà negativamente sui progetti di sviluppo, c'è da contare che le reintrodotte sanzioni americane potrebbero più che dimezzare le quote esportabili della produzione.