Sara Vetteruti

8 feb 20191 min

Fidejussioni in violazione della concorrenza, la Banca sopporti un onere della prova più gravoso!

In giurisprudenza si è acceso negli ultimi anni un ampio dibattito in tema di fidejussioni omnibus che prevedono le clausole determinate in funzione del modello predisposto dall’A.B.I., soprattutto a seguito della pronuncia di Cassazione che ne ha sancito la nullità per contrarietà alla legge antitrust. Una recentissima sentenza di primo grado tuttavia pare avere il merito di aver preso una chiara posizione in punto di onere della prova. La pronuncia del Tribunale di Padova del 29.1.2019 infatti, si pone ancora una volta a tutela del fidejussore, sul quale graverebbe unicamente l’onere di «allegare, a supporto della sua eccezione, la copia del contratto di fideiussione impugnato e la copia del provvedimento della Banca d’Italia reso nel 2005». Resterebbe invece a carico della Banca l’onere di dimostrare che il contratto fidejussorio non ricalca i requisiti censurati da Banca d’Italia nel 2005. Tale ripartizione dell’onere della prova si pone in linea con un semplice principio, cioè quello della vicinanza della prova, essenzialmente in considerazione del fatto che un onere più gravoso è sicuramente «più facilmente assolvibile dalla banca la quale è colei che ha predisposto la modulistica contrattuale firmata dal cliente in adesione». Sarà cioè la banca a dover dimostrare di aver inserito nel contratto norme tali da compensare od attenuare le criticità rilevate da Banca d’Italia, facendo così emergere un’interruzione del rapporto causale tra l’intesa “a monte” ed il modello ABI oggetto di censura. Mancando elementi di prova in tale direzione, il Tribunale ha ritenuto che ancora oggi, nel 2019, la Banca (o le Banche) stia continuando pacificamente a fare applicazione di pattuizioni le quali sono state espressamente individuate quali frutto di un’intesa anticoncorrenziale.

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