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Quasi ultimi


Chi ha la fortuna di essere nato a cavallo degli anni ’60 e ’70 ricorderà con piacere il Colonnello Bernacca ed il suo immancabile appuntamento serale sulle previsioni metereologiche. “Che tempo fa” precedeva di poco il telegiornale della sera ma era più di una semplice previsione del tempo: il Colonnello aveva assunto il difficile compito di istruire il vasto pubblico di italiani circa i complessi meccanismi degli eventi atmosferici. Così che le isobare ed i millibar divennero termini familiari al pubblico degli spettatori, i quali attendevano con trepidazione l’arrivo del rassicurante anticiclone delle Azzorre che puntualmente mutava al bello le previsioni sul loro futuro.

Se una materia tanto complessa come la meteorologia divenne in quegli anni così familiare, seppur nei suoi concetti base, forse una trasmissione televisiva sull’educazione finanziaria e sulle regole di base degli investimenti avrebbe potuto trovare un riscontro altrettanto positivo ed evitare agli italiani di detenere primati decisamente poco edificanti.

Secondo la Banca Mondiale infatti, nel 2016 gli italiani si sono classificati tra gli ultimi al mondo nel livello di educazione finanziaria, terzultimi in Europa davanti solo a Romania e Portogallo. Prima di noi, oltre ai Paesi del Nord Europa, Stati Uniti, Canada e Regno Unito, ci sono anche Senegal, Togo e Zambia, solo per citarne alcuni non appartenenti al gruppo dei soliti noti. La costante obiezione che la complessità della materia rende alcune fasce della popolazione più vulnerabile al fraintendimento circa il rischio e la natura di prodotti e strumenti venduti nelle banche, causa primaria del famigerato “risparmio tradito” evidentemente vale solo in Italia. Negli altri paesi la comprensione della differenza tra obbligazioni subordinate e semplici, del rapporto rischio rendimento, della gestione della previdenza complementare non è, per qualche incomprensibile mistero, così complicata. Forse da quelle parti si “nasce imparati”…..

Per cercare di far recuperare all’Italia qualche posizione, bisognerebbe imparare ad accettare, anche nella nostra penisola, alcune regole base che negli altri Stati sono ovvietà: prima fra tutti, e forse più fastidiosa da recepire, quella che sancisce che in un mondo in cui i tassi di interesse sono ai minimi storici, se non addirittura negativi, chi ti promette rendimenti o ti assicura una remunerazione predeterminata distante dai tassi ufficiali, ti sta facendo correre dei rischi. E non sempre contenuti.

Come facilmente capirebbero in Canada o in Togo, per chi vive in Europa e vuole dormire sonni tranquilli c’è poco da fare. I rendimenti della tabella sottostante, nostro piccolo contributo al tentativo di far recuperare agli italiani qualche posizione in classifica, lasciano pochi dubbi: i tassi di interesse delle banche centrali, indicati dalla prima colonna, vanno dal meno 0,75% della Svizzera, dove oggi si paga invece di ricevere un interesse per acquistare titoli di stato ed obbligazioni delle aziende più sicure, all’ 1% degli Stati Uniti, unico paese, tra quelli occidentali ad avere un trend di tassi in salita (seconda colonna) fino ad un 12,25% del Brasile (dove l’inflazione supera il 14%). Ovviamente per comprare obbligazioni e titoli di stato di paesi non appartenenti all’area Euro bisogna sostenere il rischio valutario (il dollaro da Gennaio 2016 ad oggi ha perso il 2% sull’euro, la Lira Turca oltre il 20%).

Quindi, attenzione: chi oggi in Italia chiede in prestito i vostri soldi o vi promette rendimenti con tassi distanti da quelli della Bce (i Bot ad un anno hanno tasso di rendimento negativo!!), vi sta facendo correre un rischio. E giusto per chiarire in maniera inequivocabile, rischiare significa rischiare di perdere il capitale investito.


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