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ETF water: quando investire in un bisogno


Secondo il World Economic Forum, ragionando in termini di impatto sociale, la scarsa disponibilità di acqua dolce costituisce il primo rischio globale. Nei prossimi 15 anni il gap tra domanda e offerta di acqua raggiungerà il 40% con un incremento della domanda di quasi il 55% entro il 2050 che porterà la condizione di “water stress “ad estendersi dagli oltre 600 milioni di persone già oggi afflitte da questa problematica fino ad oltre due terzi della popolazione mondiale già entro il 2025. Oltre al surriscaldamento globale, l’inquinamento e soprattutto l’aumento della popolazione costituiscono le cause principali del fenomeno che, secondo dati OECD, anche raggiungendo una maggior efficienza nell’impiego delle risorse disponibili, sarà possibile ridurre ma non annullare. Il 70% delle riserve idriche dolci “fresh o blue water” (non necessariamente potabili)è destinato oggi al settore agricolo, seguito da quello energetico e manifatturiero ma, entro il 2050, si prevedono importanti cambiamenti a livello globale con un ruolo centrale per i paesi BRIICS ossia Brasile, Russia , India, Indonesia, Cina e Sud Africa e, in generale, non OECD. Infatti, questi paesi, a seguito della decisa industrializzazione, spingeranno per un sempre maggior impiego delle riserve idriche nei settori energetico e manifatturiero a spese del settore agricolo, in previsione, fino a richiederne oltre 50% del totale entro il 2050. Diretta implicazione di questa trasformazione sarà la necessità di un’ ottimizzazione del trattamento delle acque reflue e un affinamento tecnologico delle tecniche di depurazione delle acque potabili per salvaguardarne, quantomeno, il quantitativo disponibile: l’OECD esprime i suoi timori per l’impiego tanto da parte dell’industria quanto per quello agricolo, in considerazione dell’uso di fertilizzanti chimici soprattutto nei paesi emergenti ed in via di sviluppo ma anche in quelli avanzati. Ad esclusione di quella che costituisce le calotte polari, infatti, solo lo 0.75% dell’acqua presente sulla terra costituisce “blue water” o “fresh water” ossia acqua utilizzabile per le necessità umane mentre il 97% necessita di desalazione per poter essere impiegata . La desalazione termica, ancora impiegata in larga parte degli impianti esistenti, sta lasciando rapidamente il posto all’impiego di membrane semipermeabili per l’osmosi inversa che, offrendo un risparmio di oltre due terzi a livello di consumo energetico, costituiscono il futuro di questo settore. Questa tecnologia richiama investimenti importanti a livello globale, addirittura triplicati dal 2011 al 2016, ed evidenzia importantissimi margini di crescita ulteriore dopo gli accordi di Parigi sul riscaldamento globale. Si tratta certamente di progetti che, necessitano (soprattutto in funzione di costi non ancora competitivi con quelli dei canali di approvvigionamento tradizionali ), come pure quelli che riguardano il trattamento delle acque reflue, di un deciso supporto statale atto a ridurre i rischi per l’investimento privato. Il mercato delle public private partnership (PPP) relative al segmento water, prevede tra il 2016 e il 2020 progetti che, secondo uno studio che considera i 50 paesi più attivi, vedranno la Cina protagonista, soprattutto, suo malgrado, per quanto riguarda il settore waste water treatment che raccoglierà investimenti per 13 miliardi di dollari su 16 complessivi con il rimanente dedicato a trattamento e distribuzione di acqua potabile nelle zone rurali. Anche Vietnam, Brasile e Tailandia concentreranno i loro sforzi sul trattamento di acque reflue come anche i paesi avanzati. I paesi del Golfo Persico investiranno moltissimo in progetti PPP, soprattutto, per le caratteristiche del territorio, in quelli riguardanti la desalazione delle acque marine: nel dettaglio, il Kuwait investirà oltre 8 miliardi ( secondo investitore mondiale in PPP sul tema) gli Emirati Arabi Uniti 4 miliardi, Qatar 3 miliardi e Oman 1 miliardo. Ci si attende anche una ripresa per i progetti PPP previsti in Indonesia, Filippine e Messico. A livello globale, il 35% dei progetti verterà sulla desalazione, il 15% su un' ottimizzazione delle strutture di estrazione e diffusione di acqua destinata a scopo domestico e il 45% sarà destinato al trattamento acque reflue. Il mercato correlato a questo tema dovrebbe triplicare di valore già entro il 2020. L’investimento privato o il know how in molti casi arrivano, come per le rinnovabili, anche dall’estero : l’italiana Agip (ENI) ha appena concluso un accordo per costruire a Lamu County in Kenya un impianto di desalazione per le acque dell’Oceano Indiano mentre nelle Filippine quasi il 100% del fabbisogno è coperto da concessioni private. In Medio Oriente invece, una delle aree maggiormente a rischio water stress, Arabia Saudita e Giordania , il mese scorso, hanno stretto una accordo per l’alimentazione, tramite due centrali nucleari giordane, di un nuovissimo impianto di desalinizzazione sul Mar Rosso per un investimento saudita di 3.2 miliardi di dollari Sempre il governo giordano, lo scorso inverno, ha commissionato ad un consorzio internazionale di aziende (China National Technical Import & Export Corporation; Hutchison Water International Holdings; Korea Water Resources Corporation; Mitsubishi Corporation; and Suez International SAS.) la realizzazione del Red Sea Dead Sea project, un impianto di desalazione che fornirà acqua potabile anche ad Israele (dove già il 20% dell’acqua potabile è fornita dal più grande ed efficiente desalatore del mondo localizzato a Sorek, creato, tra l’’altro, dalla stessa azienda ora al lavoro su un impianto che soddisferà, per il 10%, il fabbisogno della California...). Diversa la situazione nei paesi non OECD e non grandi emergenti, con passi avanti quasi nulli dal 1990 al 2030. Negli Stati Uniti infine, in cui la California e gli stati più centrali sono già in una condizione di bisogno (destinata ad aggravarsi) dovuta principalmente alla carenza delle risorse disponibili su territorio, la nuova amministrazione ha per ora solamente abolito parte dei provvedimenti istituiti da Obama nel 2015 sulla protezione dell’ambiente accontentando di fatto settore agricolo e industria (che si lamentavano della poca chiarezza delle nuove disposizioni in merito alla possibilità di sfruttare parte delle risorse idriche). Il paese, nel suo complesso, risulta, come del resto anche il Giappone, in una condizione di low water stress anche se la situazione è destinata ad evolversi rapidamente in una mediamente rischiosa secondo l’ OECD se non saranno prese le dovute precauzioni . Il comparto idrico statunitense, realizza 154 miliardi di entrate, attribuibili principalmente ai segmenti del trattamento delle acque reflue e dei servizi idrici di utenza privata che rappresentano ciascuno circa il 40%. L’EPA (United States Environmental Protection Agency ) stima gli ammodernamenti e le espansioni necessari nei prossimi 20/25 anni intorno ai 37 miliardi di dollari, creando opportunità di investimento in varie aree, tra desalazione, tecnologia per la riduzione dei consumi e qualità dell’acqua.

La desalazione, per ora, non ha avuto un grande impiego negli Stati Uniti e l’esempio più conosciuto è l’impianto Carlsbag nei pressi di San Diego in California.

Volendo considerare un investimento di lungo termine nell’oro blu o , meglio, in azionari strettamente correlati a questo business, considerate le prospettive di crescita, la scarsa volatilità e correlazione con i mercati e il trend sempre positivo, sono presenti su Borsa Italiana due alternative ETF tematiche . I due ETF permettono l’esposizione ad entrambi i macro settori del business legato alle risorse idriche ossia quello del “Water Utilities & Infrastructure”( servizi di pubblica utilità, approvvigionamento idrico, trattamento delle acque reflue, gestione e costruzione di fognature, depurazione, desalazione, perforazioni, qualità delle acque) e il “Water Equipment & Materials” (prodotti per il trattamento delle acque, per depurazione e filtraggio)offrendo dei buoni compromessi quanto a diversificazione geografica e aziende considerate. La struttura a replica indiretta swap based del Lyxor UCITS ETF World Water mira a seguire l’andamento dello SGI World Water CW, un indice azionario tematico ponderato per capitalizzazione di mercato e capped al 10%: sono rappresentate le 20 più grandi aziende operanti nel settore dei servizi idrici, infrastrutture e trattamento delle acque a livello globale. Robeco Suistanable AM, che si occupa della sua compilazione, propone una composizione paese che alloca il 40% del capitale in aziende USA , e il restante 60% in una selezione dei più grandi player globali, investendo il 23% nel Regno Unito, il 13% in Giappone il 10% in Svizzera 7% in Francia il 3% ma anche Corea del Sud, Hong Kong e per finire Cile 1%. Sotto un profilo settoriale, la precedenza va all’industria 60%, poi servizi pubblici 36.19% e beni di consumo 3.19%. Il rischio di cambio non è coperto e i primi titoli in portafoglio sono espressi in USD, CHF e GBP e JPY a fronte di valuta base euro mentre il TER, altro elemento da tenere in debita considerazione per un investimento a lungo termine, è lo 0.60%. Lyxor porta il valore del patrimonio dell’ETF al 104.02% degli asset livellando il rischio di controparte dello swap con Société Générale al – 4.02% . Il patrimonio dell’ETF è allocato 100% azionario settoriale fortemente improntato sulla Germania con il 65% e il rimanente interamente investito in Europa. Le masse in gestione hanno superato i massimi storici e si attestano ora a 540 milioni di euro. L’alternativa è rappresentata da IShares Global Water UCITS , in valuta base USD, che replica invece lo S&P Global Water 50 e propone un' allocazione su un paniere più diversificato del precedente con 50 imprese operanti in settori legati al settore idrico globale ( per la maggior parte ma non esclusivamente large cap) con una suddivisione settoriale equidistribuita che alloca il 44% sull’industria dei prodotti per il trattamento delle acque e il 40% su utilities e infrastrutture. Oltre al 43% allocato in USA , anche la restante composizione paese avvicina sensibilmente questo prodotto al precedente, con un 15.25% investito nel Regno Unito, 8.65% Svizzera, 7% Francia, 6.9, Cina intorno al 7% (forse la sola sensibile differenza) con Corea del Sud Paesi Bassi e Italia intorno al 2% ( tutti e 3 a rischio water stress nel prossimo ventennio). La replica è di tipo fisico, con prestito titoli (in media del 15% per l’anno 2016) overcollateralizzato per il 110% e il cambio non è coperto. Il TER è dello 0.65%. Esaminando gli asset netti, il prodotto si attesta a 480 milioni di dollari, una cifra compatibile con il prodotto Lyxor . Entrambi gli ETF proposti pagano dividendi semestrali.


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