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Tematici Robotica e Automazione: un decennio di cambiamenti


Dieci anni. E’ questo il lasso di tempo che robotica ed automazione d’avanguardia impiegheranno per influenzare gli equilibri sociali ed economici a livello globale nonché le abitudini di vita di miliardi di persone. Mentre negli ultimi 10 anni, a livello globale, il numero di sistemi automatizzati installati dall' industria manifatturiera, storico traino del settore, è cresciuto in media tra il 2 e il 3 per cento annuo, nel 2016 la sola Cina ha installato 90.000 nuove unità, ossia un terzo del totale e il 30% in più rispetto al 2015. Entro il 2025 si prevede che il mercato di robotica ed automazione raggiunga addirittura i 12000 miliardi di dollari di valore con i settori manifatturiero, energetico, automobilistico e dell’elettronica a fare da traino. Megatrend come l’aumento e l’invecchiamento della popolazione, la globalizzazione dei mercati, la digitalizzazione e la necessità di ottimizzare lo sfruttamento delle risorse disponibili rendono il ricorso a robotica e automazione un ingrediente basilare per il business nonché una delle discriminanti nella ridefinizione degli equilibri globali. Nel decennio scorso i principali limiti al ricorso all’ automazione erano rappresentati dai costi di acquisto e gestione estremamente elevati (secondo McKinsey i soli costi per la messa in sicurezza degli impianti automatizzati erano spesso superiori al costo d'acquisto), dalle problematiche tecnologiche che ne limitavano l’impiego in determinate manifatture o settori ma, soprattutto, dalla maggiore convenienza del lavoro umano specialmente quando delocalizzato in paesi meno ricchi. Oggi molte di queste barriere sono pronte ad essere superate spianando la strada ad un trend che secondo le stime dovrebbe sostenere una crescita del 10% annuo. Entro il 2025 addirittura ¼ delle tasks nel settore manifatturiero sarà automatizzato soprattutto grazie ad un crollo dei costi che dovrebbe attestarsi intorno al 22%. Attualmente la maggior parte dei robot impiegati dall’industria sono in grado di svolgere solo poche semplici tasks mentre i macchinari più versatili (e oggi più costosi) rappresentano solo l’8% del totale. Maggiore versatilità e costi ridotti saranno anche le parole chiave che faranno la differenza nel rendere queste tecnologie disponibili anche a piccole e medie imprese, uno dei business più interessanti secondo gli analisti. Alcuni settori, come quello automotive verranno addirittura rivoluzionati: con l’avvento della guida autonoma su vasta scala, veicoli sempre connessi e il passaggio dagli odierni sistemi di condivisione (che già stanno impattando sulle vendite di nuovi veicoli) alle robocabs. Queste ultime, secondo gli analisti, in crescita fino al 27% entro il 2030, segneranno il passaggio definitivo all’era del MaaS (Mobility as a Service) ossia alla mobilità percepita essenzialmente come un servizio in larga parte automatizzato. Gli sviluppi dell’ AI renderanno nuovi robot sempre più autonomi su tutta la filiera produttiva come ad esempio nel settore dell’agricoltura, con farm bots capaci di valutare le condizioni del terreno, del meteo, e procedere alla piantagione e alla gestione delle colture in totale autonomia portando il mercato globale delle automazioni dedicate a questo settore a valere da solo oltre 28.56 miliardi di dollari già entro il 2025 con una crescita media del 12% annuo. Il settore della logistica continuerà ad assecondare la crescita del commercio on line puntando sempre più sull’ automazione in massa di magazzini e consegne quindi su una gestione degli ordini sempre più rapida e flessibile in quanto gestita in tempo reale . Anche in questo settore, infatti, l’automazione è ormai alla base del successo come evidente nel caso di Amazon che nel 2012 con l’acquisizione di KIVA per 700 milioni di dollari ha privato tutti i suoi concorrenti dei più avanzati, se non gli unici, robot per la gestione di magazzino presenti sul mercato. Bloccando le vendite KIVA, Amazon ha guadagnato almeno quattro anni di vantaggio sulla concorrenza che solo oggi è in grado di fruire di tecnologie allo stesso livello. Come per le energie rinnovabili, il trattamento delle acque e altre tematiche della massima rilevanza suscettibili di fare la differenza nella capacità di un paese di affrontare e trarre vantaggio dai megatrend, anche l’automazione e le sue dinamiche, visto l’impatto intersettoriale che sicuramente avranno nel prossimo futuro, devono essere lette in un'ottica di nuovi equilibri globali. Negli Stati Uniti, oggi insieme a Sud Corea Giappone e Germania principali produttori di robotica avanzata, tra crescita dei salari e riduzione dei costi di accesso alle nuove tecnologie, la convergenza tra costo del lavoro e costi dell’ automazione è già alle porte in molti settori come ad esempio nell’ electronics and electrical-equipment manufacturing per il quale secondo BCG il 2018 dovrebbe essere l’anno della svolta mentre in altri come in quello delle forniture solo a partire dal 2020 /2023. Secondo PWC il 40% della forza lavoro attualmente impiegata negli Stati Uniti potrebbe, entro il 2030, essere sostituita da sistemi automatizzati con una vulnerabilità maggiore per settori come i trasporti le logistica e il manifatturiero, esposti per quasi il 50% della forza lavoro attualmente impiegata. Se l’amministrazione Trump ha davvero intenzione di riportare la aziende a stelle e strisce a produrre sul suolo americano mantenendo competitività e margini, non potrà certo farlo senza un adeguato incentivo all’automazione, visto che i salari USA non sono ancora oggi lontanamente paragonabili a quelli cinesi ne, tantomeno, a quelli di altri paesi emergenti o di frontiera. Non si tratta solo di ridurre i costi incentivando l’automazione nelle fabbriche ma pure di spingere con decisione la produzione e gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore della robotica al fine di evitare che i nuovi impianti domestici, una volta faticosamente rivitalizzati, siano basati su linee d’assemblaggio made in China ( come accennato in assoluto il paese con la crescita più marcata nel settore). Pechino vuole infatti diventare il principale produttore nel settore della robotica e dell’automazione d’avanguardia e ridurre il più possibile il ricorso all’importazione di linee di assemblaggio dall’estero. In riferimento a quanto previsto nell’ultimo piano quinquennale per lo sviluppo diffuso dalla Repubblica Popolare, questi obbiettivi sarebbero raggiunti tramite la realizzazione di centri di ricerca e sviluppo sparsi per il paese (la produzione cinese non è oggi ai livelli di sosfisticazione di quella di USA, Giappone e Germania) e di incentivi che dovrebbero spingere l’industria manifatturiera locale a passare dai 36 robot su ogni 10000 lavoratori attualmente presenti fino e oltre il livello della Corea del Sud, ossia 478 sullo stesso campione (Stati Uniti 164, Germania 292, Giappone 315 secondo l’ultimo report dell’International Federation of Robotics). Secondo stime Bloomberg, se fino al 2012 l’automazione era importata quasi totalmente dall’estero, già nel 2013 l’aumento dell’import era inferiore allo slancio dimostrato dalla produzione cinese interna mentre nel 2014 e 2015 questa è triplicata pur coprendo solo 1/3 del fabbisogno interno.

L’obbiettivo dichiarato è quello di raggiungere nel 2021 il 50% della domanda interna soddisfatta da linee si produzione di produzione domestica per poi dare l’assalto ai mercati internazionali. Investimenti strategici all’estero riducono già oggi il gap con USA , Germania e Giappone in termini di know how : l’acquisizione della tedesca KUKA (uno dei 3 maggiori player globali) da parte della cinese Midea per 5 miliardi di dollari del dicembre scorso ne è un esempio. Questa evoluzione dalla manodopera low skilled all’automazione d’avanguardia avrebbe però implicazioni ancora più profonde. Se già oggi la produzione cinese sta perdendo l’attributo di cheap grazie alla delocalizzazione di molte aziende occidentali e all’implementazione dei loro alti standard di qualità, è pur vero che il passaggio dalla manodopera umana all’automazione di alto livello annullerebbe del tutto questa percezione togliendo ulteriori vantaggi competitivi ai brand occidentali.... Tuttavia, anche la Cina vede in automazione e robotica non solo un opportunità ma pure un’esigenza. L’aumento dei salari in Cina, mediamente nell’ordine del 10% annuo dall’inizio del nuovo millennio , ha portato il paese a perdere competitività rispetto a concorrenti come Vietnam, Thailandia, Indonesia e India, mentre l’accesso di più ampie fette della popolazione ad un’istruzione di livello, hanno quasi dimezzato la quantità di lavoratori che considerano “allettante” la possibilità di un lavoro in fabbrica. Se consideriamo che oltre 100 milioni di persone sono attualmente impiegate in Cina nel settore manifatturiero (rispetto ai 12 milioni USA) e che questo fa da traino all’economia della Repubblica Popolare, per la quale rappresenta oltre il 40% del prodotto interno, ci rendiamo conto dell’importanza vitale degli investimenti in robotica e automazione al fine di scongiurare un ulteriore prevedibile aumento dei costi di produzione dovuto al costo del lavoro. Nel settore automotive ad esempio, uno di quelli maggiormente interessati dal cambiamento, impianti costruiti per sfruttare il lavoro a 1 dollaro all’ora lasciano già oggi il posto a fabbriche automatizzate costruite in loco per sfruttare l’immensa domanda interna ad oggi soddisfatta dall’import solo per il 5%. I produttori occidentali sono costretti a produrre in Cina le auto destinate a tale mercato per evitare di perdere competitività trasmettendo al cliente gli enormi aumenti di prezzo (addirittura del 100%) dovuti ai dazi cinesi. Tra salari competitivi e dazi sull’import la Cina è oggi il primo produttore mondiale di autoveicoli. Volendo prendere in considerazione un esposizione su prodotti tematici focalizzati sul tema della robotica e dell’automazione d’avanguardia e sul suo impatto su diversi settori, le alternative ETF costituiscono prodotti "di nicchia" ma comunque non semplicemente “ di moda” in quanto comunque sostenuti da megatrend globali di lungo termine. Lo scopo di tali strumenti resta principalmente quello di completare una posizione tech pura o su megatrend con un focus particolare su robotica e automazione. iShares Automation & Robotics UCITS ETF, in valuta base USD, replica in modo fisico ottimizzato lo iSTOXX® FactSet Automation & Robotics, un indice composto da un minimo di 80 società localizzate in paesi avanzati ed emergenti che derivino più del 50% dei loro ricavi annuali da settori collegati ad automazione e robotica. Oltre alla provenienza dei ricavi, l’indice si serve di criteri di capitalizzazione (200 milioni di euro minimo) e liquidity (ADTV in 3 mesi mai sotto il milione di euro) minimi per l’inclusione delle società poi in portafoglio equipesate. Attualmente, le attività nette, pari a 531.138.984, sono investite per circa 300 milioni in aziende large cap (oltre 10 miliardi USD) mentre mid cap (da due a dieci miliardi USD) e small cap (meno di due miliardi USD) si spartiscono equamente i restanti 200 milioni circa di risorse. Mentre la composizione settoriale punta con decisione sui produttori di elettronica e software (IT 70% e 29% industriali), la composizione paese rivela oltre il 70% delle risorse investito in paesi avanzati oggi leader di mercato: Stati Uniti 34.420% Giappone 26.620% Germania 5.930% Taiwan 5.680% Regno Unito 5.480% Corea del Sud 5.06% Francia 3.290% Finlandia 2.420% Canada 1.840% Cina 1.820%. La composizione dell’indice è rivista con cadenza annuale. Lanciato solo nel settembre scorso, il prodotto replica comunque un indice in crescita dal 2011

. Altri dati sono: P/E 24.5, P/B 2.82 e TER allo 0.40%.Il Robo Glob Robotics And Auto Go Ucits Etf di ETFSecurities, anch’esso in valuta base USD, replica (fisicamente) invece il Robo Global Robotics and Automation GO UCITS e, pur considerando come il precedente la soglia di capitalizzazione minima a 200 milioni, prevede una composizione effettiva meno focalizzata sulle large cap : nel dettaglio, small cap 41% mid cap 36% e large cap 23%. La composizione del portafoglio, più aperta a business di minori dimensioni, risulta però accompagnata da alcune caratteristiche atte a rendere più stabile e monitorata la posizione . Ai fini del processo di selezione, le società in portafoglio sono classificate in "bellwether", nelle quali la maggior parte delle attività aziendali è nel settore della robotica e dell'automazione (almeno il 50% dei ricavi come il prodotto ishares ) oppure "non bellwether", ovvero società per le quali una parte più consistente delle attività aziendali non è nel settore della robotica e dell'automazione . L'allocazione dell'Indice è 40% in "bellwether" e 60% in "nonbellwether" riprendendo la metodologia equal weighted all’interno di entrambe. Se da una parte, rispetto al prodotto precedente, questo ETF valuta la provenienza dei ricavi con un criterio più bilanciato, questo propone anche un numero di minimo componenti inferiore, in questo caso paria a 65. Secondo la metodologia adottata, le società sono suddivise al 50% tra quelle il cui prodotto o servizio è finalizzato a supportare la macchina nello svolgimento del suo compito ed anche nella possibilità di quest’ultima di farlo in modo autonomo (sensing 10.5%, processing 10.8% actuation 14.4% computing 6.5 % intergration 5.3%) e quelle definibili come “application providers”, ossia quelle società che incorporano tecnologie robotiche o di automazione multiple nel proprio prodotto o nella realizzazione del medesimo al fine di migliorarne l’efficienza o addirittura sviluppare ex novo prospettive in quelli tradizionali (manufacturing & industrial automation 16% healthcare 9% logistics automation 8% security 5% 3D printing 4% energy 4% consumer products 3% agriculture 3%). La composizione paese è molto simile alla precedente con Stati Uniti 41% Giappone 27% Taiwan 7% Germania 5% Svizzera 5% Israele3% Francia 3% Svezia 2% e Canada 2%. Altri dati: P/E 27.51 P/B 3.32. Il TER allo 0.80% si spiega anche con la frequenza di ribilanciamento trimestrale (non annuale come il precedente) implicita nella preferenza dell'ETF per capitalizzazioni medio piccole e quindi più soggette ad acquisizioni, fusioni etc.Nessuno dei due prodotti distribuisce dividendi.


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