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Dopo il "Quantitative Easing", un problema al quale i politici non pensano


A settembre, questa la previsione di Lucrezia Reichlin, professore di Economia alla London Business School e presidente del consiglio scientifico del think-tank Bruegel, con sede a Bruxelles, la BCE preparerà l'uscità graduale dal sistema del Quantitative Easing, smetterà cioè di acquistare titoli di Stato e attività delle banche commerciali, e possiamo attenderci che entro la metà del 2018 questa misura straordinaria verrà del tutto abbandonata. Si tratta di una uscita troppo precoce, o troppo tardiva? E cosa accadrà all'Euro? Su questo si sono confrontati al Festival, trovandosi d'accordo quasi su tutto, Lucrezia Reichlin, Jean Pisani-Ferry, professore di Economia e Management Pubblico presso Hertie School of Governance, e Markus Brunnermeier, professore alla Princeton University.

Tutti d'accordo sullo scenario che si verrà a creare, ovvero che la BCE inizierà a vendere i propri titoli. "Sarebbe meglio - spiega Brunnermeier - che questi titoli siano venduti a pacchetti dentro i quali vi siano titoli sovrani di Paesi diversi". A preoccupare gli economisti è però la futura dinamica dei tassi d'interesse. Ora, si dice, sono troppo bassi, ma è quasi certo che dopo l'uscita dal regime del quantitative easing essi sono destinati ad alzarsi; quello che non si vede all'orizzonte è la consapevolezza dei decisori politici sulla necessità di operare cambiamenti radicali. "Converrebbe pensare ad un minimo comune denominatore di riforme da fare tra i membri UE che condividono l'euro" suggerisce Lucrezia Reichlin.

D'accordo anche Marcus Brunnermeier: "Vanno cercate soluzioni che possano funzionare con filosofie nazionali diverse: i titoli garantiti dal debito sovrano quali gli ESBies possono essere una soluzione". "Va lasciata maggiore discrezionalità agli Stati - aggiunge Pisani-Ferry, ma meno norme significa anche più responsabilità. E il problema sta proprio qui: il dibattito politico sull'uscita dal quantitative easing non è nemmeno lontanamente arrivato a discuterne, benché si sia un po' tutti d'accordo sul voler mantenere in vita l'euro. Occorre impegnarsi su un obiettivo a lungo termine per affrontare questo periodo di transizione. Sarà comunque difficile obbligare un Paese ad attenersi alle regole in presenza di un sentire comune che rifiuta ormai le regole imposte dall'Europa. Diventerà centrale la questione degli asset sicuri, degli euro-bond".


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