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IShares ribilancia l’offerta sulle principali borse USA: tra incentivi, affidabilità e fee war, anc


Dopo gli undici strumenti che a gennaio hanno lasciato i listini del NYSE per raggiungere quelli della concorrenza, saranno questa volta addirittura 50 gli ETF iShares che abbandoneranno il prossimo primo agosto il segmento Arca del NYSE per iniziare le negoziazioni sulle piattaforme Bats e Nasdaq. NYSE Arca manterrà le ledership sulle negoziazioni ETF per quanto riguarda la vastità dell’offerta con 1515 ETF rispetto ai 324 del Nasdaq e ai soli 158 attualmente quotati sul circuito Bats , confermandola anche in termini di AUM con 2.57 mila miliardi di dollari (92% del totale) rispetto ai 210 miliardi di dollari del Nasdaq e i 3 miliardi della Bats. IShares, in particolare, resterà il principale emittente tra quelli che scambiano su questa borsa pur passando dagli attuali 259 prodotti ai 209 di agosto (sui 337 ETF quotati dalla controllata di BlackRock sulle borse americane). NYSE sarà però così insidiata sempre più da vicino dalla Bats Exchanges nel suo primato in termini di volumi di trading: l’offerta ETF di Bats Exchange copre già ora il 21.56% del volume complessivo del mercato ETF contro il 23.33% del NYSE mentre il Nasdaq solo il 13.98%. Nel dettaglio, trenta prodotti arriveranno sulla Bats Exchanges, per larga parte smart beta (13) e settoriali con AUM in alcuni casi anche per decine di miliardi di dollari, mentre 20, più diversificati quanto a tipologia, approderanno al Nasdaq.

Quella che viene definita da iShares in una nota come un semplice “scelta strategica” per riallocare e quindi “diversificare” la propria offerta su più piattaforme è solo l’ultimo capitolo di una serie di partenze eccellenti che ha visto nell’ultimo anno e mezzo oltre novanta ETF di importanti issuer abbandonare il segmento Arca in favore di Bats Exchanges e Nasdaq e oltre la metà delle nuove quotazioni del 2016 preferire sin da subito le concorrenti del NYSE pur lasciando a quest’ultimo, per ora, la leadership negli strumenti di maggiori dimensioni. Le motivazioni di questo esodo sono molteplici. La “diversificazione” di cui parla iShares insomma, ricercata anche dagli altri principali emittenti, ha motivazioni varie e si intende tanto a livello di rischio e regolamenti della piattaforma quanto a livello di competitività presente e futura della propria offerta.

In questi anni la competizione tra trading venues si è molto intensificata, estrinsecandosi innanzitutto in un crescente impatto dei cosiddetti “programmi di incentivo alla liquidità”. La Bats Exchanges, ad esempio, come visto già oggi reale antagonista del NYSE per volumi di trading, prevede di diventare entro il 2020 la principale trading venue negli Stati Uniti e ha nel tempo implementato programmi di incentivazione per market makers, liquidity providers ed emittenti spesso molto più aggressivi di quelli della concorrenza come il Lead Market Maker program e il Competitive Liquidity Provider Program, strategie queste atte a sostenere il ruolo fondamentale di liquidity providers e market makers aumentandone i guadagni. Questi programmi de facto remunerano MM e liquidity providers in base ai risultati ottenuti (Consolidated Average Daily Volume ad esempio) anche secondo schemi concordati con gli emittenti degli strumenti: gli AM possono ad esempio pagare una fee ai market makers in cambio di una maggiore liquidità disponibile mentre i liquidity providers competono tra loro per ottenere fee in base a migliori e più numerose proposte in acquisto o di vendita. Altri programmi mirano a ridurre fino ad addirittura annullare (si parla di decine o centinaia di migliaia di dollari annui a seconda dello strumento) i costi della quotazione per strumenti con determinati volumi: Bats Exchanges, in particolare, aveva rivoluzionato il mercato con il suo Issuer Incentive program, il primo programma ad offrire denaro in cambio della quotazione di strumenti con sufficienti volumi di trading (anziché appunto richiedere, come consueto, una commissione per la quotazione). I benefici per la borsa sono evidenti, con il richiamo di AUM maggiori, migliori condizioni di trading spread e numero di proposte esposte per gli investitori finali. Questi programmi, in generale, incentivano anche l’accesso alla piattaforma per ETF non ancora (o per natura) dotati di size e liquidità importanti ponendo migliori condizioni già in fase di quotazione e nei mesi immediatamente successivi supportandoli così nella difficile fase di lancio e rendendoli da subito più attrattivi e tradati. Le migliori condizioni di trading e i conseguenti maggiori volumi sono imprescindibili per sostenere la riduzione delle fee chieste dalla clientela anche per prodotti complessi come gli smart beta, che dovrebbero fare da traino affinchè il preannunciato boom del settore previsto per il 2018 possa realmente verificarsi. Non è infatti un caso che Vanguard, principale concorrente di BlackRock, ma focalizzata sull’offerta low cost (pur con un’offerta smart beta meno articolata), sia ad oggi il solo tra i tre principali AM in ETF a livello globale a non essere ancora presente su Bats Ex. Anche NYSE, naturalmente, propone programmi di incentivo come l’ ETP Incentive Program o il ETF Liquidity Provider Program ma tuttavia le sue politiche non sembrano incontrare, come visto, altrettanto successo. Se gli investitori vogliono fee ridotte o nulle in cambio di prodotti sempre più complessi, un altro requisito dal quale gli AM non possono prescindere è però anche quello rappresentato della sicurezza offerta dalla stessa piattaforma di negoziazione. In questo caso, per il NYSE, le cose si fanno molto più complicate. Il sette marzo 2017 infatti, il NYSE Arca ha dovuto affidare ai meccanismi di default la fase di closing auction delle negoziazioni per molti strumenti a seguito di un aggiornamento software della piattaforma non andato a buon fine. La closing auction ha visto notevolmente incrementato il suo peso specifico proprio con la diffusione della replica passiva, ossia degli ETF ed, insieme alla fase di pre apertura, costituisce prerogativa della primary listing venue sulla quale è quotato lo strumento. Secondo Bloomberg, sul totale degli strumenti ETF quotati sul segmento Arca, solo una trentina ha potuto in quell’occasione completare le procedure di chiusura in maniera ottimale. La cosa risulta particolarmente grave perché non si tratta certo di un caso isolato. A tornare alla mente è soprattutto l’estate del 2015, quando, dopo il blocco improvviso (di quattro ore ) di luglio causato sempre da un aggiornamento software, i limiti della piattaforma si ripresentarono nella loro gravità in occasione del lunedì nero dell’Asia, ossia il 24 agosto del 2015. In quella che è ricordata come la seconda giornata di maggior attività di trading nella storia dell’equity USA, sul NYSE, tra azioni ed ETF, si registrarono, oltre 1200 sospensioni (61 i prodotti iShares colpiti, il 20% della gamma) con il Dow Jones che archiviò il maggior ribasso da agosto 2011. Durante la notte precedente il crollo, un forte calo dell’equity asiatica aveva scatenato importanti ribassi sugli indici futures azionari europei e U.S., questi ultimi addirittura a - 7% prima dell’apertura di Wall Street, il tutto in un contesto già in partenza molto difficile. Naturalmente si scatenò una corsa alle vendite e alle coperture in previsione dei cali sulla borsa di New York con conseguente altissima volatilità già nelle fasi precedenti l’apertura vera e propria del mercato. Con un mercato, quello di agosto, non particolarmente liquido, le amplissime oscillazioni sull’equity fecero scattare le sospensioni per moltissimi titoli con 765 stocks incluse nel Russell 3000 che persero oltre il 10% ed, in generale, solo metà dei componenti dell’ S&P 500 in grado di iniziare regolarmente le quotazioni al consueto orario di apertura senza essere stoppate dai LULD (avevano cioè variazioni inferiori al 5% dei primi 5 minuti, inferiori al 10 nei primi 10). Dopo il flash crash del maggio 2010, i single-stock circuit breakers erano stati sostituiti dal meccanismo dei Limit Up Limit Down (LULD), progettato per entrare in funzione in condizioni di estrema volatilità e tagliare con forza acquisti e vendite per 5 minuti per dare il tempo agli investitori di fare il punto della situazione e calmierare di conseguenza gli episodi di panic sell. Gli ETF, invece, subirono ben 600 stop e, ancor più rilevante, l’evidenza non riguardò solo prodotti poco liquidi per natura ma anche prodotti di ben altro spessore. Furono molte le critiche mosse alle modalità di applicazione degli stop di cui sopra, secondo alcuni troppo grossolani nel gestire situazioni tanto delicate. Ma, per gli ETF, in particolare, non si trattò del solo problema . All’ apertura, infatti, furono fortissime le divergenze tra valori dell’equity e valori della strumentazione ETF su di essi costruita e molti i problemi per gli investitori che chiusero le posizioni a prezzi molto svantaggiosi rispetto al reale valore dell'investimento: il Guggenheim S&P 500 equal weight ETF, celebre smart beta, perse il 45% in quell’occasione restando ben distante da quotazioni ragionevoli per gli asset sottostanti mentre strumenti correlati con lo stesso mantenevano invece quotazioni più stabili come nel caso dello SPY che registrava "solo" un meno 3.5% a fronte di un S&P 500 a meno 4%. Questo non potrebbe in teoria succedere grazie alle pratiche di arbitraggio alla base dei replicanti le quali garantiscono l’allineamento tra ETF e valore del paniere sottostante, ma tuttavia, le procedure automatizzate alla base delle pratiche di market making, in questo caso, fallirono nel loro ruolo evidenziando book in apertura disallineati, presi poi d’assalto dal panic sell e dal trading automatizzato. Le motivazioni sono molteplici, e ancora oggetto di dibattito, ma, in questa sede, il focus va necessariamente posto sulle, peculiarità della piattaforma NYSE. All’apertura della borsa i market makers non furono in sostanza in grado di stabilire il fair value delle azioni interessate dagli stop ritardando di pochi minuti l’impatto riequilibrante dei meccanismi di arbitraggio in grado di ricollegare il prezzo dell’ETF al valore del suo benchmark, meccanismi, questi , poi persino rallentati nella fase di riallineamento dagli stessi Limit Up Limit Down che avevano fatto scattare le sospensioni. Se i LULD, però non costituivano esclusiva del NYSE, questi dimostrarono però i suoi limiti soprattutto in relazione all’integrazione con altre regolamentazioni della specifica piattaforma. Parte del problema va infatti imputato alla Rule 48, una componente a dir poco “storica” dei regolamenti NYSE che entra in vigore in casi di estrema volatilità al fine di garantire un’apertura delle negoziazioni ordinata in giornate che si preannunciano particolarmente volatili già prima della campana. La Rule 48, applicata 3 volte in quella settimana e 77 dalla sua entrata in vigore, agisce velocizzando l’apertura tramite la sospensione dei normali requisiti informativi che vogliono il prezzo delle azioni annunciato solo previa approvazione degli specialisti del floor prima della campana di apertura. Questa, avrebbe però la capacità di limitare fortemente la capacità dei market makers di analizzare correttamente le informazioni prima dell'apertura e, associata all’operato dei LULD, sarebbe di conseguenza in grado di limitare fortemente i meccanismi di arbitraggio alla base dei replicanti in situazioni di forte volatilità. Anche per questo deficit informativo i market makers non sarebbero stati in grado di calcolare il fair value dell’equity sospesa lasciando libera la strada al divario tra prezzi ETF e quotazioni dei titoli in apertura. Gli AM hanno chiesto e ottenuto la revisione delle regole chiedendo più trasparenza e soprattutto un miglior feed in fase di pre apertura. Il legame tra emittenti e trading venues sarà in futuro sempre più stretto ed episodi come quello riportato aiutano, seppur a caro prezzo, a strutturare mercati più attenti alle peculiarità degli ETF e alle loro specifiche esigenze. Oggi una nuova rivoluzione a livello regolamentare è in procinto di mettere nuovamente alla prova le specificità di questa categoria di strumenti finanziari in relazione alle caratteristiche intrinseche dei canali borsistici. I cambiamenti approvati in marzo dalla SEC per la modifica degli standard di quotazione degli ETF, ossia le nuove "regole di quotazione continua "o “Continued Listing Standards”, porteranno gli stessi requisiti iniziali a dover essere monitorati e rispettati costantemente e non solo, come sempre accaduto, in sede di quotazione iniziale, costringendo gli operatori, tanto emittenti che trading venues, a spese importanti per il monitoraggio continuo di prodotti e indici in termini di diversificazione e liquidità. Bats Exchanges, NYSE Arca e Nasdaq hanno presentato alla SEC differenti proposte in merito alla possibilità di introdurre questi “ongoing standard” e non poche sono state le critiche dei principali Asset Managers , ma, nonostante questo, le nuove regole saranno applicate a far data dal primo ottobre 2017 su Bats Exchanges e NYSE e dal primo agosto sul Nasdaq. Concludiamo ricordando che la Bats si è esposta direttamente per l’approvazione di una proposta di quotazione per il primo ETF sul Bitcoin, chiedendo la revisione di un verdetto SEC inizialmente contrario: in tale occasione la SEC aveva argomentato la propria decisione principalmente facendo riferimento a problematiche di sicurezza inerenti la criptovaluta. Un verdetto SEC favorevole allo strumento potrebbe portare alla Bats Ex un ulteriore ed enorme vantaggio in termini di immagine se la piattaforma riuscisse a fornire i requisiti di sicurezza necessari a concretizzare la quotazione del primo ETF sulla famosa criptovaluta.


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