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MSCI prepara la più importante index review di sempre: salgono le Ashares cinesi ed entrano gli ex f


Maggio è mese di revisione semestrale per la gamma indici a firma MSCI, una review che quest'anno assume particolare rilevanza per i top indices emerging e ACWI IMI, tanto da potersi considerare come il più importante processo di ribilanciamento nella storia per l'MSCI Emerging Markets IMI

, questo in considerazione delle importanti inclusioni previste nei portafogli di questi sempre più investiti indici. Si stima, infatti, che a questi benchmark siano oggi rapportati, non solo via ETF, asset per circa 2000 miliardi di dollari. Tali inclusioni rifletteranno, da una parte il piano di incremento della posizione in equity continentale cinese via stock connect previsto per il 2019 e, dall'altra, sempre secondo i programmi, l'evoluzione delle economie di Arabia Saudita ed Argentina, che, guadagnata la qualifica di mercati emergenti, fanno quest'anno il loro ingresso nei portafogli dedicati. Ricordiamo che MSCI è stato il primo index provider a dare avvio ad un piano di inclusione delle Ashares cinesi nei suoi top indices, mentre i concorrenti di S&P Dow Jones e FTSE Russell inizieranno questo percorso quest'anno (il che amplierà ulteriormente l'impatto di queste revisioni sull'equity in questione...). Il piano di incremento della quota 2018, ferma ad un fattore d'inclusione del 5% (del gigantesco mercato interno cinese), prevede il raggiungimento, in tre step, di un posizionamento in grado di rappresentare una quota del 20% del mercato tra large e mid cap shares di tipo A. Nel dettaglio, dal 28 maggio,, l'inclusion factor dell'equity del gigante asiatico quotata sulle borse di Shenzhen e Shanghai è raddoppiato raggiungendo il 10% per poi portarsi, nel corso delle prossime revisioni al definitivo 20% previsto.

Tale evoluzione, porterà questa classe di azioni a rappresentare una quota del 3.3% del portafoglio dell'indice MSCI Emerging Markets, già ampiamente dominato dall'equity cinese in senso lato, con l'inclusione di 253 large e 168 mid cap Ashares, comprese 27 ChiNext shares, ossia azioni quotate sul listino tecnologico di Shenzhen. Ricordiamo che l'inclusione di queste azioni negli indici di punta è strettamente dipendente, nei tempi e nei modi, dai miglioramenti in termini di accessibilità, trasparenza, volatilità e liquidità del mercato dell'equity continentale cinese, oltre che vincolata all'esigenza da parte del provider di garantire all'indice il mantenimento delle sue caratteristiche di base, scelte quotidianamente da decine di migliaia di clienti anche via ETF. Per chi invece volesse investire in un paniere esclusivamente composto da A shares, gli index provider non hanno mancato di fornire decine di alternative, come, ad esempio, la gamma di 12 indici proposta proprio da MSCI ne 2018. Secondo l'agenzia Reuters, i flussi in ingresso sull'equity domestica cinese potrebbero essere stimati in 80 miliardi di dollari nel solo 2019. Al termine del processo d'inclusione, la Cina peserà sull'indice MSCI EM per il 40% del totale suddivise tra il 25.8% investito in azioni ex Ashares e il 16.8% dedicato all'equity continentale . Per quanto riguarda l'inclusione dell'Arabia Saudita, l'acquisito status di mercato emergente, annunciato da circa un anno in concomitanza con lo storico provvedimento che consente oggi alle donne di prendere la patente e guidare anche nel più conservatore tra gli stati islamici, garantirà al paese una prima inclusione dell'1.4% dell'indice MSCI EM a fine maggio, successivamente destinata ad aumentare al 2.7 % nella revisione di agosto di quest'anno. Anche l'Argentina vedrà riconosciuti i propri sforzi e l'abbandono della qualifica di mercato di frontiera con un contenuto aumento della quota che arriverà allo 0.3% nel caso dell'MSCI Emerging Markets.

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L'Arabia Saudita negli indici MSCI

E', forse ancora per poco, il principale esportatore di petrolio, ma nel presente dell regno saudita ci sono anche progetti a lungo termine come Vision 2030,che poco hanno a che vedere con l'oro nero (finanziamento a parte). Molte riforme strutturali atte a creare un mercato finanziario in linea con gli standard internazionali sono già state portate a termine.

L'annessione dell'Arabia Saudita all'elenco dei paesi emergenti, rimandata lo scorso anno, si concretizza nel 2019 (per gli indici FTSE Russell bisognerà attendere fino a marzo 2020) in concomitanza con l'effettivo accesso dell'equity del paese mediorientale negli indici MSCI Emerging Markets IMI e MSCI ACWI IMI, secondo un processo a due step che porterà il paese a pesare il 2.6% dell'indice emergente già a decorrere da agosto 2019 (semi annual index review per MSCI). Le 69 securities che rientreranno nel portafoglio emergente dovrebbero portare in dote alcune caratteristiche funzionali alla diversificazione. Più nello specifico. Questi benefici sarebbero imputabili innanzitutto all'alto dividend yield evidenziato in passato da queste società, una distintiva composizione settoriale, un bassa correlazione con gli altri mercati emergenti e una naturale copertura valutaria.

Dividend yield oltre la media emergente

Secondo MSCI, il dividend yield osservabile per il paese è da quattro anni superiore alla media emergente per 140 punti base.

Una composizione settoriale distintiva

Se una composizione settoriale dell'equity ripartita al 75% tra financials e materials appare tutt'altro che diversificata, questa può rappresentare, grazie alla sua rarità, anche un'opportunità di diversificazione laddove un investitore cercasse una sector distribution diversa da quella osservabile nell'indice MSCI Emerging Markets stesso. Infatti, oltre all'evidente assenza dal paniere saudita di quello che è il settore globalmente più rappresentato globalmente, MSCI fa notare anche un evidente sottopeso per i settori dell'healthcare e industrials rispetto all'indice generale.

Una naturale copertura valutaria

Secondo MSCI, dal 94 ad oggi, il deprezzamento delle valute locali ha portato l'MSCI Emerging Market Index a rendere il 5% l'anno contro l'8% generato dall'investimento in valuta locale.

La valuta locale, il riyal, è ancorata al dollaro statunitense e pertanto non ha finora generato problematiche legate al cambio, almeno per gli investitori che trovano propria nel dollaro la valuta nativa. Anzi. Questa evidenza ha portato benefici ben oltre le più rosee aspettative in quanto proprio nella valuta risiede il motivo per il quale, nel 2018, l'Arabia Saudita ha sovraperformato l'intero panorama emergente, con una quota di circa il 4.3% del rendimento annuo imputabile proprio al fattore cambio.

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Invesco e il successo del suo MSCI Saudi Arabia ETF, un anno dopo

E' quasi scontato. Quando un importante index provider annuncia il passaggio di un paese da frontier ad economia emergente le quotazioni delle aziende di riferimento per quello spazio economico sono destinate a subire un sensibile aumento di valore. Per questa ragione, e per altre ancora(la sua unicità quale strumento che offre esposizione esclusiva al mercato del paese arabo), l'Invesco MSCI Saudi Arabia UCITS ETF, nato solo12 mesi fa, chiude i primi sei mesi del 2019 festeggiando oltre due miliardi di dollari in gestione. L'ETF, che replica il MSCI Saudi Arabia 20/35 Index , indice large mid cap è un replicante sintetico che cerca di evitare eccessiva concentrazione dell'investimento su alcune delle 30 componenti del suo portafoglio


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