CEDU: l’Italia metta mano all’ergastolo
Non può essere mantenuta la pena dell’ergastolo, perché il carcere a vita viola il diritto del condannato a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo così ha stabilito in una sentenza sarà definitiva tra tre mesi se non impugnata. La decisione riguarda il caso di un italiano condannato per associazione mafiosa e omicidi. La sentenza non avrà effetti sulla posizione dell’interessato, ma è estremamente importante perché la
Corte di Strasburgo ha ritenuto che chi è condannato al carcere a vita non può ottenere, come gli altri carcerati, alcun beneficio - come per esempio i permessi d’uscita, o la riduzione della pena - a meno che non collabori con la giustizia.
Nella sentenza i giudici di Strasburgo evidenziano che «la mancanza di collaborazione è equiparata a una presunzione irrefutabile di pericolosità per la società» e questo principio fa si che i tribunali nazionali non prendano in considerazione o rifiutino le richieste dei condannati all'ergastolo ostativo.
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