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Credito al consumo: il cliente ha diritto alla restituzione di parte dei costi nel caso di rimborso

Il tema è sempre stato caldo e finalmente deciso dalla Corte di Giustizia Europea nel 2019, che aveva stabilito il diritto del consumatore alla piena tutela del rapporto contrattuale, per “pareggiare i conti” rispetto al sistematico disequilibrio contrattuale che si verifica sistematicamente nel rapporto banca - cliente. Partiamo dal caso concreto: un consumatore ottiene un prestito che decide di rimborsare anticipatamente. L’art. 125 sexies del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – TUB - (D.lgs. n. 141/2010) stabilisce che “Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore” e che “…In tal caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto”. Che ne è, però, dei costi sostenuti in via anticipata (cd. “upfront”)? La Corte di Giustizia aveva previsto, con la sentenza “Lexitor” di cui si è detto, che l’art.16 della Direttiva deve interpretarsi nel senso che tutti i costi del credito, correlati o non alla durata residua del contratto, ad eccezione delle spese notarili e degli oneri erariali, sono riducibili nel caso di estinzione anticipata del finanziamento; ogni diversa interpretazione del principio di diritto non è ammessa. Ciò anche qualora contrattualmente fosse previsto il contrario, perché tale pattuizione, anche se approvata per iscritto dal consumatore, sarebbe in netto contrasto con una norma imperativa. Dal momento che l’art. 16 della direttiva non prevede un criterio di rimborsabilità, è intervenuto l’Arbitro Bancario Finanziario, stabilendo che, ai fini del calcolo di quanto debba essere restituito, “… non resta che il ricorso alla integrazione “giudiziale” secondo equità (art.1374 c.c.) per determinare l’effetto imposto dalla rilettura dell’art.125 sexies TUB, con riguardo ai costi up front, effetto non contemplato dalle parti né regolamentato dalla legge o dagli usi”. Equità non coincide con proporzionalità, che era un suggerimento implicito dato dalla Corte di Giustizia quale soluzione del problema. E se occorre ricorrere all’equità, si torna sostanzialmente a reintrodurre potenzialmente una sorta di tutela dell’istituzione finanziaria erogante il prestito.

Caso diverso, invece, è quello che concerne i costi di intermediazione, essendo stato compiuto un indubbio ulteriore sforzo a tutela del consumatore. Si era ritenuto che tale onere fosse la “contropartita” dell’attività svolta dall’intermediario anche nell’interesse del consumatore, dal momento che funge da tramite con l’istituzione finanziaria, svolgendo un compito finalizzato a soddisfare un interesse (quello dell’ottenimento del prestito) del cliente. Tuttavia, la posizione dell’intermediario generalmente è da configurarsi come scelta strategica e commerciale dell’istituto erogante, per procurarsi clientela. Ne deve conseguire che non vi è logica ragione alcuna perché il correlato costo non debba essere oggetto di rimborso parziale nel caso di estinzione anticipata del rapporto.

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