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Crotone contro Siracusa


Negli sport di squadra, il "cambio di casacca" fa ormai parte della quotidianità. Non da ora, certo: solo, la finanziarizzazione della società ha reso questo fenomeno patologico. Incontrollabile. Sembra che i "giocatori bandiera", che una volta rappresentavano la normalità, siano oggi diventati rari esemplari da guardare con ammirazione e nostalgia.

Il fenomeno sta sempre più coinvolgendo anche le nazionali (anche se, ovviamente, in modo più contenuto), soprattutto in sport come l'atletica leggera: negli ultimi anni abbiamo assistito a una girandola di naturalizzazioni. A vere e proprie campagne acquisti di massa – anche non legate a origini familiari, a matrimoni o residenze prolungate in un paese - che hanno portato selezioni una volta assenti dalle competizioni di alto livello a comparire ex abrupto nei medaglieri. Rispetto a una volta, dunque, il fenomeno è diventato convulso, frenetico. Ma i "salti della cavallina", come accennato, sono sempre esistiti. E non solo trenta, quaranta, o cinquant'anni fa.




La storia greca ci ha tramandato la storia di un atleta, Astilo di Crotone, che fece il suo esordio ai Giochi Olimpici antichi del 488 a.C., conquistando l'alloro nello stadio (192,28 metri, corsi in rettilineo) e nel doppio stadio. In linguaggio moderno, uno sprinter capace di dominare i 200 e i 400, un Michael Johnson dell'era antica.

La Crotone (Kroton) del 488 è una colonia greca – ed è una polis indipendente. E' quindi autorizzata a partecipare, con la sua rappresentativa, ai Giochi, che in quell'epoca sono riservati al mondo ellenico. Non solo: la città dell'attuale Calabria è la potenza dominante in Magna Grecia e una delle rappresentative più vincenti ai vari Giochi. Una fucina di atleti. Ci è stato tramandato un proverbio, che recita: "ultimo dei crotoniati, primo dei greci", tanto per far capire il ruolo dominante dell'antica Kroton nello sport antico.

Lo mostra anche una statistica, che raggruppa le notizie a noi pervenute sui vincitori dei Giochi "tutti greci" (cioè prima dell'apertura ad altre popolazioni del mondo allora conosciuto, introdotta dopo la conquista romana): secondo questi dati - molto parziali, naturalmente - la metropoli della Magna Grecia è quinta nel "medagliere" complessivo, preceduta da Sparta, Elide, Atene e Rodi. Segue Siracusa, altra patria di sportivi nella Magna Grecia.

Ai tempi, però, Crotone svetta, domina. E' la città che ha visto brillare la stella di Pitagora, la città che ha un ruolo politico importante nell'area. Siracusa ha una posizione ancora secondaria, anche se con l'insediamento del tiranno Gelone I (non molto tempo prima dei Giochi del 484) sta cambiando marcia. Un governo, quello di Gelone, che è partito quasi per caso: già tiranno di Gela, è stato chiamato a Siracusa a dirimere un contrasto fra aristocratici e democratici in qualità di mediatore. E alla fine ha "goduto tra i due litiganti", instaurando l'autocrazia.

Il suo piano di governo è ambizioso: inaugura una poderosa campagna di costruzione di opere pubbliche, di monumenti e costruisce un esercito a lui fedele, anche grazie alla naturalizzazione di 10.000 mercenari. Vuole fare di Siracusa una grande potenza e investe a 360 gradi per raggiungere questo obiettivo. E lo sport, nell'antica Grecia, ha un'importanza politica davvero forte.



Gelone I

Così, durante il governo di Gelone, Astilo, il campione per eccellenza, il dominatore dei Giochi, decide di passare baracca e burattini a Siracusa, di cui prende addirittura la cittadinanza. Facile che, per il tiranno, accaparrarsi il campione del momento si inserisca in questa operazione in grande stile per lanciare Siracusa nel grande giro. Non si sa che cosa abbia allettato Astilo, se una poderosa iniezione di denaro oppure scelte politiche, in favore di una potenza emergente. Se non che, lo sprinter fa la sua scelta. Una scelta che ha del clamoroso.

E a Crotone come la prendono? Molto male. Sono stati abbandonati dal campione-simbolo (dal giocatore-bandiera, diremmo oggi), e già questa è cosa che fa infuriare i concittadini. In più, per i crotoniati, vedersi scavalcati - loro, il faro della Magna Grecia – da una città ancora emergente, una città che non ritengono minimamente paragonabile alla loro è un ulteriore affronto.

In città, la reazione è dunque furibonda: gli abitanti sostengono che l'atleta abbia preso soldi dal tiranno di Siracusa. La statua di Astilo, che era stata realizzata da Pitagora di Reggio, viene bruciata, mentre le autorità bandiscono lo sportivo da Kroton e trasformano la sua casa in prigione. La sua famiglia stessa – non si sa quanto spontaneamente – lo ricusa. E' un grande campione, conteso fra grandi potenze, ma diventa un uomo solo.

Un particolare dell'antica Olimpia

Astilo torna a Olimpia nel 484 a.C., per i 75esimi Giochi, con un'altra cittadinanza. Si presenta alla partenza della gara di stadio e se la aggiudica ancora. Quando viene proclamato vincitore, c'è chi si chiede se ci si trovi davanti a un caso di omonimia, per di più nella stessa gara: quattro anni prima c'era un Astilo di Crotone, ora c'è un Astilo di Siracusa: curioso, no? No, confermano dalla regia: è lo stesso Astilo. Ha solo cambiato bandiera. E come siracusano bissa i due successi dell'edizione precedente.

Il campione vince anche nel 480, e questa volta si porta a casa il triplete. Aggiungendo alle classiche gare di velocità anche l'alloro nella corsa con armi (oplitodromia) che consiste in un "doppio stadio" affrontato con elmetto, gambiere e uno scudo in legno e bronzo. Nella classica armatura, appunto, degli opliti, i soldati della fanteria pesante dell'antica Grecia. Astilo diventa un mito, e le sue vittorie leggenda. I poeti lo cantano. Diodoro Siculo, per datare l'invasione persiana del 480, utilizza come punto di riferimento proprio il triplete di Astilo. E – ricordiamolo – la seconda guerra persiana, con la battaglia di Salamina, è tuttora considerata uno degli eventi chiave di tutta la storia umana. Persino Platone, un giorno, loderà la sua serietà in allenamento e la sua astinenza completa prima delle principali competizioni.

Le vittorie a ripetizione e l'abnegazione del crotoniate diventato siracusano, insomma, ne fanno un uomo indimenticabile, tanto da far resistere le sue gesta a secoli di distanza. Il giornalista, scrittore e vignettista italiano Giovanni Mosca ne fa il perno di un'ideale staffetta dei Giochi Olimpici antichi, composta dai maggiori sprinter di questa competizione (gli altri sono Corebo di Elide, Chionis di Sparta e Leonida di Rodi – quest'ultimo vittorioso in stadio, doppio stadio e olipodromia per quattro Giochi Olimpici consecutivi). Astilo non può immaginare che la sua fama durerà millenni. Ma questo, probabilmente, non gli importa più di tanto. Non può più tornare in patria – nella sua prima patria, quella vera. Si tramanda che muoia solo, solo e triste, probabilmente in preda a malinconie e a profondi ricordi.

Siracusa intanto è diventata un potenza di primissimo livello. Sotto Gelone sconfigge i cartaginesi proprio nel periodo in cui la coalizione greca sbaraglia i persiani a Salamina. La città, fino a poco tempo prima periferica, diventa la potenza più importante in Sicilia. E oltre: arriva a rivaleggiare persino con Atene e Sparta. Crotone non è più potenza egemone nell'area; Gerone I, fratello e successore di Gelone, manderà persino le sue truppe in Calabria a combatterla, per sostenere i separatisti di Sibari un una guerra lampo (vinta, a quanto si tramanda). Una guerra che, però, non ha nulla a che vedere con gli strascichi relativi al cambio di cittadinanza di Astilo. Per vedere due paesi in armi a causa di un avvenimento sportivo bisognerà aspettare il 1969, quando una serie di incontri di calcio tra Honduras e El Salvador furono il casus belli per un breve ma sanguinoso conflitto fra le due repubbliche centroamericane – la famosa guerra del football. Ma questa è davvero un'altra storia.


Maurizio Giuseppe Montagna

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