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Entrando in Biennale

Una prima passeggiata in Biennale fra Arsenale e Giardini


Collegandoci all’articolo della settimana scorsa, analizziamo la proposta di Ralf Rugoff per la Biennale di Venezia di arte contemporanea del 2019. Rugoff - come detto - ha costruito una doppia proposta: A all’arsenale e B ai giardini, dando la possibilità ai 79 artisti scelti di esporre un’opera nel percorso A ed una nel B.

Ha selezionato artisti poco affermati, espressione di minoranze etniche o sociali, o legati a questioni di genere, per cui stupisce che l’esposizione dell’arsenale si apra con George Condo.

Tale scelta è stata criticata perché trattasi di un autore affermato, bianco, che non affronta nessuna di queste tematiche né rientra nelle categorie sociale volute dal curatore.

L’opera Double Elvis, citazione di Warhol, rappresenta una critica e satira della società americana, con due ubriachi che si tramutano in forme falliche.

Nel padiglione centrale dei giardini invece Condo espone Standing Female Figure in Black Space. Aveva elaborato negli anni ‘80 la teoria del realismo artificiale, una teoria sulla vita parallela a quella reale , come poi sarebbe successo con i social network. Infatti nell’altra opera proposta da Condo, Standing Female Figure in Black Space, si accusa la creazione di una realtà basata su un’ipocrisia di fondo e incertezza dei rapporti sociali che sono identificati con il nero in contrasto con il corpo bianco di una donna . È come se i fantasmi evocati da Condo fossero messi da parte nel nero, pronti a riemergere dalla superficie.

La critica a Condo riguardava anche il fatto che all’arsenale, subito dopo di lui, Soham Gupta propone una biografia fotografica degli ultimi che abitano Calcutta. Gupta ne raccoglie le storie drammatiche di abusi, violenze e povertà, e cerca di tradurle in queste foto molto impattanti, forzando i neri sullo sfondo per far emergere sul primo piano i protagonisti, che ritraggono un’umanità disperata. Queste immagini stridono con le opere di Condo, anche nella metodologia e nel significato di fondo, con il mezzo fotografico che diventa una strategia di documentazione artistica degli uomini e delle donne. La fotografia è un’altra delle arti presenti in buon numero nella biennale tuttavia ci sono molte opere differenti che entrano in gioco.

Continuando la passeggiata nell’arsenale si incontra 48 war movies di Christian Marclay che rientra nella tematica delle opere stratificate e delle strategie legate alla post production. Qui l’artista agisce in post-produzione, sovrappone 48 film di guerra con il risultato di ottenere un’immagine tecnicamente stratificata, in continuo cambiamento, l’idea di presentness può venire in aiuto, perché i film, avendo durate differenti, danno luogo a intersezioni sempre nuove tutte le volte che lo guardiamo. L’opera comunica allo spettatore un’idea , dove il rumore diventa un elemento permanente, dato che non si riesce a distinguere i vari livelli che arrivano a compenetrarsi l’uno nell’altro.

Sempre nella prima sala si trova Zanele Muholi, presente con grandi fotografie Hail the Dark Lioness che mettono in gioco direttamente lo spettatore. Lo sguardo dei personaggi sollecita e interroga lo spettatore e gli fa prendere una posizione nell’ambito della società contemporanea, specialmente nel dibattito sulla posizione delle minoranze nella società africana contemporanea, documentando un anno di una donna africana lesbica che si deve confrontare con lo sguardo inquisitorio degli altri. Qui si ribaltano le parti ed è lo spettatore che riceve lo sguardo, che deve prendere una posizione. Questo è un altro elemento di questa biennale, le parti si ribaltano e lo spettatore “subisce” l’opera.

Tavares Strachan, Robert Henry Lawrence Jr è un’istallazione con diversi media. Oggetto dell’opera è Robert H. Lawrence jr, uno dei primi astronauti neri che l’8/12/67 era morto nell’ambito di una esercitazione. Questo episodio vuole farci riflettere sulla narrazione delle imprese spaziali: una narrazione mainstream bianca che ha voluto accantonare la vicenda. Strachan, da sempre appassionato delle ricerche aerospaziali, vuole invece portarla in rilievo. L’opera nasce con l’agenzia spaziale privata “Space X” che ha prodotto il lavoro con l’artista; l’opera si compone della scritta in neon che racconta la vicenda e anche atti di razzismo di cui la moglie di Lawrence era stata vittima tramite lettere da parte di persone contente che nessun “cane” sarebbe andato sulla luna. L’opera è politicamente forte, rimette in gioco il passato, fa vedere come prevalga nella narrazione della storia stessa, che diventa narrazione artistica, unicamente una visione in particolare. L’opera è composta dalla scritta al neon che dice: Robert Henry Lawrence Jr was an astronaut who died whilw instructing a flight test trainee learning the steep-descent glide technique. On December 8, 1967, he was ejected out of the back seat horizontally and died on impact. Il was 11 years before another African-American was chosen to undergo astronaut training. Mrs Lawrence apparently recived many hateful letters after his death saying things like, “glad he was dead because now there would be no coons on the moon” (si racconta la storia dell’astronauta morto per un incidente e le lettere offensive ricevute dalla moglie).

Inoltre troviamo la scultura di luci che riproduce il corpo di Lawrence che naviga nello spazio, con anche un vaso canopo da 24 carati benedetto da un prete shintoista che è stato inviato nello spazio e girerà per un certo periodo: simbolico riconoscimento delle azioni di Lawrence.

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