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La Land Art

La Land Art nasce negli Stati Uniti a New York anche se le opere si diffondono e sviluppano principalmente nelle zone desertiche dunque il luogo di nascita e quello di sviluppo sono diversi. I primi lavori sono definiti “Earthwoks” ed indicavano i siti e i territori dove si dislocavano le sculture. Lo sviluppare il rapporto col paesaggio non è di per sé una cosa nuova ma negli anni ‘60 assume delle connotazioni inedite, la Land Art si sviluppa in un intervento diretto dell'artista sul territorio naturale, specie negli spazi incontaminati come deserti, laghi salati, praterie, ecc. Le opere hanno spesso carattere effimero, non sono quindi destinate a durare nel tempo, ma con esso se ne vanno fino a svanire, deteriorandosi secondo un ciclo vitale che è la natura stessa a stabilire . Il movimento è inserito nel periodo storico: sono anni di rivoluzione perché nascono molti movimenti come, per esempio, il femminismo. Si sviluppa anche una coscienza ideologica per cui il movimento assume una connotazione politica. Usano camion, ruspe e altri oggetti inconsueti cercando di far emergere le dissonanze dell’era contemporanea, siamo nel periodo del Vietnam. Le opere risultano di enormi dimensioni tanto che non si potevano inserire nelle gallerie: le opere sono realizzate all’aperto, a partire da De Maria già nel ’61 aveva parlato di un intervento artistico diretto non solo nelle gallerie ma anche nel tessuto urbano. Nel ’68 si inizia poi effettivamente in maniera più sistematica in collaborazioni: viene meno l’individualità della produzione arista.

Parlando di Heizer centrale risulta l’idea di vuoto da lui creato ma non permanente: la natura si riapproprierà dello spazio, risultano opere effimere. Ad esempio in rift n.1 delle nine Nevada Depressions (1968) l’artista stesso sceglie di fotografare l’opera da diversi punti di vista mostrando un’ambiguità infatti decide di fotografare anche il processo di deterioramento dell’opera.

In Heizer, doppio negativo risulta evidente il dialogo che l’artista crea con l’oggetto tradizionale di scultura. Si trova una fessura che si crea nel terreno, buca all’interno della quale si può camminare realizzata spostando tonnellate di terra tramite un bulldozer. Si mette così in crisi il rapporto tra scultura e architettura. Nel vuoto in cui si può camminare quindi abbiamo tridimensionalità in entrambi ma nella scultura non possiamo entrare: in questo caso quindi viene abbattuto il confine.

In One Mile Drawing, 1968 e Las Vegas Piece, 1969, De Maria segna due linee col gesso sul terreno. In molte fotografie, unico reperto restante delle opere, l’artista si fa rappresentare o steso o mentre cammina attraverso le linee. La visione è presa dal basso, oppure aerea (maggiormente diffusa negli anni ’60); l’utilizzo di questa modalità del medium fotografico si relaziona con le idee che vengono sviluppate dagli artisti. L’opera si compone di solchi, rettangoli e linee rette e questi solchi si intrecciano con le idee che vengono sviluppate dagli artisti e con le linee del terreno. Il problema di creare delle astrazioni geometriche nel terreno rimandava alla questione di relazione con la mappa con cui lavoravano: viene messo in crisi il concetto di confine percepito come scelta astratta per finalità politiche. In relazione alla questione dei confini politici De Maria aveva realizzato un’opera dove sovrapponeva diversi lavori realizzati in varie parti del mondo.

Invece Dennis Oppenheim in negative board, 1968 e in Annual rings, 1968 l’opera è integrata da delle mappe che fanno parte dell’opera stessa, l’allestimento fu fatto al Centre Pompidou. Dennis usa diversi medi e diverse temporalità sul territorio che spesso vengono documentati in filmati, poi ci sono gli altri materiali che l’artista include come le mappe e le fotografie.

Quando queste opere entrano nelle gallerie ci si pone il problema di come esporle e di come vederle, c’è una qualche ribellione verso la speculazione del mercato dell’arte, in questa sua speciale forma di produzione artistica. Di fatto la Land Art non può essere comprata perché è effimera, non resta. Siamo al confine col Canada, luogo fortemente connotato geograficamente, nel periodo del Vietnam molti fuggivano lì per evitare la guerra. Il 1968 è un anno importante perché questo manipolo di artisti anticonformisti entra per la prima volta in una galleria realizzata da Smithson, uno dei maggiori esponenti della Land art.

Smithson era l’artista che aveva organizzato “Earth Work” nel 1968 a pochi mesi dall’aver pubblicato un articolo su una rivista dove si sviluppava il dibattito relativo alla Land Art (1969 “Earth Art”, Andrew Dickson White Museum della Cornell University, Ithaca, 1969).

Anche la temporalità della ricezione cambia rispetto al tempo che si dedica ad osservare le opere di museo. Owens parla di una “dislocazione radicale dell’arte” dalla smaterializzazione fisica dell’arte al decentramento geografico in quanto è l’artista che si sposta verso il sito. Anche Yoko Ono aveva realizzato un’istallazione con mappe che avrebbero fatto perdere colui che le seguiva.

In questa galleria troviamo anche un’opera di Morris, minimalista orientato alla Land Art, con un’opera formata da un cumulo di oggetti di scarto. Cumulo di 7 metri formata da cubi, feltro, filo spinato. “”Earth Works” finalizzati alla sensibilizzazione riguardo l’ambiente. Questi 14 artisti misero in crisi le istituzioni ufficiali. Non ci furono però molti casi di esposizione interna di opere di Land Art.


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