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Certificati si, Certificati no


Primo importante aspetto da sapere: i certificati sono emessi da una banca che come tale funge da controparte: se la banca fallisce il certificato è equiparabile a un’obbligazione senior non garantita. Consiglio: attenzione alla banca emittente, al suo rating e al paese nella quale si trova.

Secondo aspetto da tenere in considerazione: in molti certificati non è immediato capire la loro strutturazione, il loro funzionamento e il loro pay-off a scadenza. Consiglio: documentarsi molto bene sui vari aspetti e sul comportamento del certificato in esame, anche e soprattutto con l’aiuto di esperti, possibilmente senza conflitti di interesse. Gli emittenti sono obbligati a pubblicare sul loro sito la documentazione ufficiale del prodotto (Condizioni definitive o Final Terms) in cui vengono illustrate tutte le caratteristiche e i rischi del prodotto; a volte la documentazione può risultare corposa e complessa, ma accanto ad essa molti emittenti pubblicano delle schede sintetiche di funzionamento del prodotto che potrebbero risultare utili. Dal 2018, con l’obbligatorietà di pubblicazione dei Kid da parte degli emittenti, tutti gli strumenti saranno accompagnati da una scheda sintetica con una struttura uguale a tutti gli emittenti.

Terzo aspetto, sono i driver per i quali il certificato si muove. Su questo tema si aprono molte strade. Ogni tipologia di certificato si muove in base a diverse situazioni di mercato. Una formula univoca per calcolare il fair value di un certificato non esiste (il perché è intuitivo: basta pensare che i certificati derivano dall’unione di due o più opzioni con altri possibili strumenti finanziari e alla difficoltà di calcolo della formula di BlacK&Scholes per calcolare il prezzo teorico delle opzioni). Il prezzo di un certificato può essere collegato a diversi fattori (combinazione delle greche che caratterizzano le opzioni che li caratterizzano):

  1. Il prezzo del sottostante

  2. La volatilità del sottostante

  3. L’andamento dei tassi di interesse

  4. La durata residua del certificato

  5. Il rating della banca emittente

Questo significa che un investitore che compra un certificato a un determinato prezzo possa vedere scendere il prezzo dello stesso anche se il prezzo del sottostante rimane pressoché immutato (in questo caso si dice che il certificato ha un’asimmetria negativa). Ovviamente può succedere anche il contrario, sfruttando l’asimmetria positiva di un certificato.

Quarto aspetto, che può passare anche come consiglio, diversificare: scegliendo dei sottostanti già diversificati (indici), oppure andando a creare strategie su diversi sottostanti (ormai esistono certificati su azioni, valute e commodities).

Quinto aspetto: attenzione al conflitto di interesse. Il certificato è uno strumento finanziario che viene “costruito” dagli strutturatori. Più del 90% dei certificati quotati sul Sedex di Borsa Italiana sono stati strutturati da persone che sono a libro paga delle banche. Questo fattore comporta un rischio implicito che la strutturazione del prodotto venga effettuata per tematiche di interesse della banca piuttosto che dei possibili investitori, e c’è da considerare che la strutturazione, giustamente, ha un costo, soprattutto se sono emessi sul mercato primario quando il prezzo ingloba sia commissioni di collocamento che di strutturazione. Quando l’emissione è fatta direttamente sul secondario i costi di collocamento vengono meno e il guadagno della banca deriva dal bid-ask spread di ogni contrattazione. Consiglio: valutare ogni certificato anche dal punto di vista dell’equità rischio/rendimento investitore/banca. Per ultimo, sapere che la costruzione della strategia del certificato ha un costo, eliminabile nel caso in cui l’investitore vada direttamente sul sottostante. Consiglio: optare per un certificato solo nel caso in cui le caratteristiche del certificato coincidono con le mie esigenze di investitore.


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