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Un delicato equilibrio, forse troppo delicato: tassi in rialzo e mercato del credito USA


L’impennata nei prezzi di borsa delle banche americane dal dicembre dello scorso anno a seguito del primo incremento dei tassi da anni e dell’annuncio di altri due aumenti nel 2017 sulle aspettative di inflazione a medio oltre il 2%, è stato un chiaro segnale con il quale il mercato, accontentandosi di poche rassicurazioni concrete circa l’effettivo stato di salute dell’economia americana, ha valutato il sistema finanziario USA “pronto” a fronteggiare anche tutte le conseguenze negative derivanti dall’aumento dei tassi d’interesse. Parliamo ovviamente delle ripercussioni di tassi in crescita sui portafogli di bond e crediti in seno a banche e istituzioni, anche governative, e delle potenziali situazioni di stress sui medesimi che tassi di interesse più alti potrebbero far letteralmente deflagrare. Infatti, anche negli Stati Uniti della ripresa e del " Make America Great Again" qualcosa non sta andando per il verso giusto ed alcune debolezze strutturali del passato sembrano riemergere mostrando una vulnerabilità al rialzo dei tassi forse più marcata di quanto possa apparire. Secondo fonti FED infatti, ci sono attualmente 1.4 mila miliardi di dollari in students loans per lo più detenuti da sussidiare governative per i quali anche piccoli incrementi nei tassi potrebbero scatenare un ondata di default o parziali rimborsi in pochissimo tempo. Perdite non indifferenti per le casse dello stato, certo ripianabili con un aumento delle tasse o con tagli per quanto in controtendenza con i proclami della presidenza Trump (che ha però nei fatti già provveduto a tagliare la costosissima Ocare,,,), ma con pure ripercussioni gravi per i milioni di studenti che non avrebbero accesso ad un'istruzione di livello. Se la situazione non è delle migliori sul piano dei prestiti agli studenti, cosa dire delle loro famiglie. Osservando i mutui ipotecari residenziali (residential mortgages), il tasso di default a 5 anni sui prestiti concessi nel 2010 non sembra particolarmente incoraggiante: con un indice FICO in media pari a 700, le classi più svantaggiate (FICO tra 600 e 624) vanno oggi incontro a un tasso di default del 19.8%, mentre, sotto la valutazione di 600 i default raggiungono addirittura il 26.4%. Eppure, nonostante l'aumento dei tassi, da luglio di quest’anno sono attesi aggiornamenti nei criteri di misurazione del merito creditizio che porteranno (grazie a provvedimenti "discutibili" come la cancellazione parziale dal proprio credit score di questioni come procedimenti civili a carico del cliente insolvente o che abbia questioni in sospeso con il fisco) 11 milioni di americani ad aumentare il proprio credit score FICO di 20 punti, per altri 700.000 fino ad incrementi di 40 punti.Secondo il Board of Governors of the Federal Reserve System le concessioni di mutui ipotecari sono arrivate a superare nel 2016 la cifra di 14 mila miliardi di dollari ossia il massimo toccato nel 2007 (e perdurato fino al 2010 ) che diede inizio al crollo dell''economia USA….Parliamo di un sistema e che, come 10 anni addietro, appare costruito sul ruolo predominante delle Government Sponsored Enterprises, ossia Fannie Mae e Freddie Mac, quali principali lenders e cartolarizzatori di mutui ipotecari….

Secondo gli stress test effettuati dalla Federal Housing Finance Agency su Fannie Mae e Freddie Mac, nel caso di una forte crisi finanziaria il bailout necessario a salvare le due società sarebbe di molto ridotto rispetto agli oltre 187 miliardi di dollari sborsati nel corso dell’ultimo intervento passando a circa 49 miliardi di dollari. La Federal Housing Finance Agency, come riporta Bloomberg, ha prodotto questo test anche prendendo in considerazione il fatto che i due colossi iscrivono a bilancio come enormi asset anche la riduzione sulle tasse differite, asset che andrebbero a ridursi nel momento in cui le due società producessero, come stanno facendo, redditi per poi trasferirli sistematicamente al Tesoro (con poca euforia da parte degli azionisti minori).Senza questi assets gli stress test quantificano il bailout necessario per il salvataggio delle GSE in oltre 150 miliardi di dollari. Siccome si tratta di due aziende nazionalizzate, che dominano il mercato dei mutui ipotecari negli Stati Uniti, tale mercato, come osserva Matt Levine di Bloomberg, risulta di fatto quasi nazionalizzato. Questo artificio, durato anni, consente al governo di non iscrivere ancora “i debiti” di queste enormi società nel bilancio oltre a considerare eventuali perdite non come bailout ma piuttosto come semplici trasferimenti dal tesoro ad una controllata. Queste due società non sono peraltro pronte al ritorno al capitale privato (cosa che la nuova amministrazione Trump considera una delle priorità in agenda), anzi secondo la stessa agenzia Moody's sarebbero necessari "centinaia di miliardi di dollari" per ottenere questo risultato: infatti, l'outstanding debt di Fannie Mae a fine 2016 ammontava a 351.6 miliardi di dollari, mentre quello targato Freddie Mac si ettestava a quota 378.1 miliardi.Le GSE hanno anche 4.6 mila miliardi di mortgage-backed securities in circolazione e, secondo Moody's, qualsiasi problematica relativa a questi due colossi porterebbe al crollo del mercato immobiliare e dell'economia USA. La problematica dell'insolvenza comincia a farsi largo anche su altre categorie di prestiti rendendo ancor meno "trascurabile" l’aumento dei tassi. Si comincia in effetti a parlare di subprime car loans per almeno 1/5 dei prestiti concessi a chi sta comprando un automobile o più probabilmente un gigantesco pick-up. I prestiti destinati all’acquisto di auto hanno raggiunto nel 2016 un nuovo massimo a quota oltre mille miliardi di dollari con un aumento delle insolvenze di oltre il 20% dal 2012 e con un aumento del 17% dei clienti sotto i 600 pti FICO (ossia subprime e deep subprime loans appunto ) con ritardi di oltre 60 gg nei pagamenti solo tra 2015 e 2016 secondo l'agenzia Fitch. Il mercato dei prestiti per auto sta crescendo, come il mercato immobiliare del resto ma insieme a questi anche le concessioni di prestiti di dubbia qualità. Le inadempienze cominciano ad aumentare anche su crediti commerciali e industriali concessi dalle banche (figura sotto)

e per quanto riguarda i default sulle carte di credito, anche questi in effetti si sono portati ai livelli del 2013 ossia ai massimi da quattro anni. A livello aggregato siamo ormai ai livelli di delinquecy visti in occasione dello scoppio della grande crisi (come riporta figura sotto), e questo anche senza considerare le inadempienze sui mutui ipotecari delle GSEs.

Da ottobre 2016, in prossimità di elezioni e del primo aumento dei tassi da anni, l’intero sistema del credito a stelle e strisce ha preso come prevedibile una direzione univoca :meno domanda. Wells Fargo & Co. e Bank of America Corp., leaders del mercato residential privato, hanno dichiarato a gennaio che a seguito dell'intervento FED hanno assistito ad un crollo del 40% della domanda di nuovi mutui con un crollo dei rendimenti derivanti da questo business di oltre 6 miliardi di dollari rispetto all'ultima misurazione trimestrale con i ricavi tornati ai livelli più bassi dal 2009 ( moltissimi borrowers decidono di non rifinanziare il proprio debito ad un tasso più alto). Per quanto riguarda credit cards loans e Commercial & Industrial loans, tanto di breve che di medio lungo termine, la situazione è la medesima: un crollo verticale e violento a livelli allarmanti come evidenziano i dati sulla domanda: auto loans da + 20% di ottobre a -13.3% di oggi, C&I loan dallo stallo di gennaio al -6.50% di oggi e credit card loans da +15%di ottobre a -10% di oggi.Si tratta deilivelli più bassi mai toccati da ottobre 2011.

Forse l'economia americana è pronta per tassi in rialzo e tanto il sistema bancario che il mercato del credito in generale sono in grado di assorbire gli effetti di questo cambio di rotta. Quello che è certo, è che il sistema si è dimostrato molto reattivo nel subire gli effetti negativi di questi provvedimenti.



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