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Il libero mercato è fallito lasciando il posto alla libera truffa


Se si vuole compiere un bilancio di questo primo ventennio, del ventunesimo secolo, sulla liberalizzazione del mercato dei servizi, credo che si possa affermare che si tratti di un fallimento.

Infatti, i cittadini pensavano (e speravano) che più venditori di servizi sul mercato significasse più concorrenza e prezzi più ridotti.

Così non è stato!

Questo nostro Paese non riesce a far rispettare le leggi dello Stato. Gli enti e le varie società di servizi sono più forti di chi governa il Paese e usano tutti gli stratagemmi possibili per truffare i cittadini utenti dei servizi.

Il caso più recente, uno dei tanti, sono le fatture che anziché essere fatte ogni due mesi vengono messe ogni 28 giorni con un parere negativo del Governo.

In questo modo gli operatori telefonici hanno fatto il miracolo di fatturare, nei 12 mesi all'anno, ben 13 volte.

Con la liberalizzazione del mercato si è affermato (e consolidato) il “sistema truffa” che infrange tutte le regole.

E lo Stato, attraverso le sue istituzioni, è sempre più debole e liquido e inventa e propone sistemi di conciliazioni virtuali fragili ed effimeri dove la concretezza si perde sulle onde della rete.

E in questo caos truffaldino prevale, purtroppo, la solitudine dell'essere umano privo di quelle “certezze ideologiche” che hanno caratterizzato il secolo trascorso, ma anche di quegli ideali che sono stati alla base delle grandi utopie del passato e del presente.

Il nostro Paese Italia non riesce a dotarsi di aziende con un’anima fondata sull'etica della trasparenza, del rispetto delle leggi dello Stato e delle regole che sono alla base del buon governo del territorio.

Quello che era, per il territorio provinciale, “l’AGAC e la SIP, per fare un esempio, non è più. Non si sa mai con chi parlare e manca assolutamente la cultura dell'ascolto.

Le “aziende moderne” devono guardare solo i bilanci e premiare dirigenti “i manager” che realizzano alti guadagni.

E il cuore di questi è “la borsa”, quanto la finanza ti dà in più (o in meno) quanto si ricava.

Tutto è finalizzato al massimo guadagno.

Il valore dell’ “anima dell’azienda” non esiste più. E ciò che è più grave è che non esiste più nemmeno l’anima della persona che è scomparsa con il libero mercato, che spesso vuol dire libera truffa.

Mancano, oggi, le certezze di un tempo, quelle cose che ti garantivano sicurezza, onestà, correttezza, trasparenza. E in questo marasma le associazioni dei consumatori possono essere una cosa utile se hanno a cuore la soluzione positiva dei problemi della gente, e non guardare a chi governa: se di sinistra o di destra. Il compito di chi governa il Paese, (come gli enti locali) deve pensare al bene dei cittadini e non all'interesse di parte di qualche “gruppo di sistema” o di sistemi “affaristici aziendali” che hanno cuore il denaro e non le persone.

In questo ventennio del ventunesimo secolo, con la “liberalizzazione del mercato” si è diseducato una generazione ad “alimentarsi” solo del guadagno e della speculazione su tutto.

E’ prevalsa una sottocultura dell’affarismo, dell’individualismo, del benessere personale e della precarietà per gli altri. Dell’egoismo di pochi sul benessere generale di tanti. Ha prevalso, cioè, una “politica anticristiana” dell'assoluta mancanza di una costante morale che deve far parte della vita. Per chi scrive, che ha vissuto e vive le vergogne del “processo di liberalizzazione”, il giudizio è profondamente negativo. Oggi serve più Stato e più certezza del Diritto.


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