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First Trust porta in Europa il primo Blockchain ETF


E’ davvero il momento d’investire nella tecnologia che sostiene anche le criptovalute?

Mentre ancora ci si chiede se l’emergente tecnologia blockchain sia da considerarsi già oggi investibile e secondo quali criteri, gli ETF che si propongono di individuare in anticipo i titoli che dovrebbero beneficiare maggiormente dal suo sviluppo sbarcano anche in Europa grazie all’issuer statunitense First Trust, da poco presente sul mercato locale ma tra i più noti e innovativi in patria (sesto per AUM in un mercato certo più esteso e meno concentrato di quello del vecchio continente). First Trust Indxx Innovative Transactions and Process UCITS ETF, per ora disponibile solo sulla piazza di Londra, ma destinato a quotare entro breve anche sulle altre principali piazze europee, propone una replica fisica completa del Indxx Blockchain Index, un benchmark costruito sulla base di un sistema di scoring finalizzato a individuare le aziende coinvolte nello sfruttamento della tecnologia blockchain, oggi e in prospettiva. Il risultato di queste analisi è la suddivisione dei titoli in tre categorie (active enablers, active users e active explorers) oltre che, nel tempo, l'evoluzione di una società e il passaggio da una categoria all’altra.

Con la nomenclatura adottata, la newyorkese Indxx intende indicare rispettivamente

  • active enablers: società che sviluppano tecnologie blockchain destinate all’implementazione interna oppure alla realizzazione di prodotti o servizi destinati alla vendita

  • active users: società che adottano tecnologie blockchain sviluppate esternamente

  • active explorers: società interessate al tema ma non ancora attivamente coinvolte (non destinano risorse)

Il peso in portafoglio è equidistribuito (50% ciascuna) tra le sole active enablers e active users mentre un sistema di pesatura equal weighted livella i pesi dei singoli titoli all’interno delle due categorie considerate senza consentire sovraesposizione a determinati titoli. Il numero massimo di componenti è fissato a 100 ( oggi sono 82). La categoria active explorers, pur non essendo ricompresa nell’indice, raccoglie dunque quelle società tenute “sotto osservazione” per l’ingresso nel portafoglio dell’indice assumendo, come vedremo più avanti, un ruolo chiave per quello che è il valore aggiunto portato dallo strumento. Sono presenti anche requisiti minimi di capitalizzazione e di daily turnover medio, finalizzati ad estromettere dal portafoglio le società meno solide. La composizione settoriale è principalmente incentrata sul settore tecnologico con l’IT al 67% , una constatazione prevedibile, in quanto l’architettura blockchain si sostanzia, per quanto si tratti di una forzata semplificazione, in qualcosa di simile ad immenso computer decentralizzato, il che lega inevitabilmente il suo sviluppo alla produzione di hardware e software. Per avere un’idea dell’impatto di questa tecnologia sulle società produttrici di hardware si veda il prezzo del titolo (e gli utili) di Nvidia, noto produttore di componentistica elettronica ad alte performance, tra il 2016 e la fine del 2017, ossia in piena Bitcoin mania: la richiesta di schede video impiegate per “minare” i preziosi coin aveva spinto i prezzi del titolo dai 50$ a 250$ ( da notare che Bitcoin è la prima incarnazione dalla tecnologia blockchain). Una delle critiche che vengono spesso mosse a questi ETF blockchain, si basa proprio sull’altissima correlazione delle loro performance con quelle di più diffusi e semplici, indici tecnologici. Si tratta di una somiglianza che, porta a chiedersi se oggi sia sensato parlare di blockchain come un investimento distinto da un qualsiasi indice tech. Considerato che il regime commissionale prescelto non colloca questi ETF tra le alternative più cheap (0.65% in questo caso) il dubbio è lecito. La questione, insieme con alcuni conclamati abusi compiuti da società quotate negli Stati Uniti (1), ha persino spinto la SEC a richiedere l’eliminazione, in via cautelativa, del termine blockchain dal nome dei prodotti ETF quale condizione alla commercializzazione degli stessi. Se oggi gli effetti di questa innovazione tecnologica al di fuori dei settori tecnologico e finanziario, per quanto evidenti in prospettiva, sono ancora limitati, il vero valore aggiunto di questi prodotti si sostanzia dunque nella capacità di aggiornamento dell’indice in merito all’evoluzione futura del mercato, e nella sua capacità di diversificare la propria composizione settoriale nel tempo. Nel caso del prodotto First Trust, oltre ad un indice ribilanciato e rivisto nelle sue componenti con frequenza semestrale, l’analisi svolta continuamente da Indxx sulle società, a partire dalle sole dichiarazioni d’interesse che portano all’inclusione della categoria active explorers (particolarmente significativa proprio per la dimensione prospettica), costituisce, oggi, il valore aggiunto dello strumento. Altri indici sul tema ricorrono addirittura ad una componente gestionale attiva o ad algoritmi attivi sui big data per affinare la composizione del portafoglio. L’esposizione geografica, che comprende sia paesi sviluppati che emergenti, non può oggi prescindere da un un investimento importante negli Stati Uniti 41%, mentre le altre principali allocazioni sono Cina e Germania, con l’8% e Taiwan al 6%.

Di seguito le TOP 10 holdings, che coprono il 26,83% degli assets totali netti:

La presenza di Alibaba, gigante dell'e-commerce, si deve, tra le varie iniziative, ad un programma lanciato da pochi giorni e finalizzato a migliorare, proprio grazie alla tecnologia blockchain, il tracking dei prodotti e, in generale, la sicurezza degli ordini. Si tratta di qualcosa di simile a quanto implementato in Cina da JD, uno dei principali concorrenti in patria, ma, nel caso di Alibaba, su scala internazionale. Questi programmi vantano un significativo impatto sulla potenziale crescita del business. I giganti dell'e-commerce puntano infatti a far rientrare nel proprio catalogo beni che, per caratteristiche proprie e fisiologici limiti del servizio, ne erano finora esclusi, come ad esempio cibo, bevande o prodotti farmaceutici; la tecnologia blockchain potrebbe contribuire ad eliminare, almeno in parte, queste barriere come suggeriscono le mosse di Amazon (2). Appare insomma evidente che il numero di settori coinvolti nello sfruttamento di questa tecnologia sia destinato ad aumentare insieme alla diversificazione degli indici che hanno l'obbiettivo di tracciarne i benefici.

(1)Queste società non avevano nulla a che fare con la tecnologia in esame ma cambiavano la propria denominazione aggiungendo il termine blockchain per attirare investitori in modo fraudolento. I risultati sono stati investimenti per centinaia di milioni in titoli delle società coinvolte.

(2)Amazon, che ha già cominciato la vendita di farmaci da banco negli USA e ottenuto il controllo di Whole Foods, ha infatti più volte dichiarato interesse per la tecnologia blockchain.

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