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JP Morgan: via libera ai bond cinesi nel GBI -EM


L'inclusione segue quella operata da Bloomberg Barclays. FTSE Russell prende tempo

Primo index provider al mondo per l'investimento in bond emergenti con il suo JPMorgan Government Bond Index-Emerging Markets, JPMorgan, a meno di un anno dall'entrata in funzione del bond connect sull'asse Pechino/Hong Kong, annuncia l'avvio di una procedura di inclusione dei bond cinesi all'interno dei suoi indici dedicati (quindi global ed emerging). Il secondo bond market a livello globale (secondo a quello USA ma più grande di quello nipponico), entrerà cosi a far parte di alcuni dei più seguiti ed investiti bond indices, andando a soddisfare da un lato la crescente fame di rendimento che ormai influenza gli investitori nei paesi sviluppati, e dall'altra, la fame della Repubblica Popolare per una diversificazione delle fonti di finanziamento (bisogna compensare la prevista contrazione dell'account surplus), una stabilizzazione del mercato finanziario e un ruolo più rilevante dello yuan nel panorama mondiale (quest'ultimo atto anche a scongiurare/compensare la fuga di capitali sempre in agguato). La decisione, segue la presa di posizione dei principali concorrenti nel campo del bond indexing, ossia Bloomberg Barclays e FTSE Russell i quali, tra aprile e settembre hanno informato i mercati in merito alle rispettive view sull'argomento. Punti di vista per ora simili ma tempistiche diverse, con la gamma indici Bloomberg Barclays che ha già avviato in aprile il programma di inclusione dei bond cinesi (vedi il box dedicato sotto) mentre i concorrenti di FTSE Russell, nell'attesa review di settembre, hanno deciso di prendere invece tempo rimandando a non prima di marzo 2020 eventuali decisioni in merito (in particolare quelle relative al loro noto World Global Bond Index). L'inattesa presa di posizione di questi ultimi è stata motivata con le numerose inefficienze che, nonostante gli evidenti miglioramenti introdotti a livello strutturale e legislativo, ancora affliggono il mercato obbligazionario continentale, con espresso riferimento ad un mercato secondario non abbastanza sviluppato e quindi importanti limiti in termini di liquidità per i bond stessi. Essendo poi il WGBI un indice globale composto esclusivamente da titoli governativi con alti requisiti (la Malesia ne sta prendendo atto in questi mesi...), un'eventuale inclusione avrebbe comportato un profondo cambiamento della policy dell'indice più che un semplice aggiornamento. La non maturità del mercato cinese è una delle ragioni per le quali anche l'inclusione scelta da JP Morgan, che prenderà avvio il 23 febbraio 2020, avverrà per fasi. Ulteriori motivazioni sono da ricercarsi nella vastità del mercato in questione, quanto nell'entità dell'impatto che l'introduzione di questi bond avrà sulle caratteristiche di base di uno degli indici più seguiti al mondo. Anche per queste ragioni, come dichiarato dalla stessa JPMorgan saranno introdotti nel prossimo futuro benchmark alternativi creati ad hoc al fine di offrire all'investitore una calibratura quasi “taylor made” della percentuale di bond cinesi nel portafoglio indice desiderato (indipendentemente dall'evoluzione del processo di inclusione nell'indice generale). La stessa gamma FTSE Russell, pur non introducendo per ora questi asset nei portafogli del WGBI, ha optato per il lancio di un nuovo indice ad essi dedicato, nel dettaglio con focus esclusivo sui bond cinesi. L'indice, che nasce dalla partneship con GSAM, risponde alle esigenze di chi non desidera ne un'esposizione diversificata sui bond di più paesi emergenti ne tanto meno intende attenderei tempi tecnici della loro inclusione. All'opposto, un cliente potrebbe però riscontrare eccessivo il peso destinato dal provider a tali bond. E' esattamente quanto accaduto, quando Vanguard ( secondo asset manager al mondo), ha risposto ai sondaggi operati dal Bloomberg Barclays palesando il proprio orientamento per un'inclusione più soft rispetto a quella proposta dal provider per il suo noto Global Aggregate Index, benchmark cui sono indicizzati miliardi di dollari via ETF firmati Vanguard, appunto. Naturalmente, considerato che l'ingresso di questi titoli nei panieri degli indici sottostanti ne comporta all'acquisto quasi automatico da parte dei replicanti puri, ETF in primis, è naturale che la decisione incontri le esigenze degli asset manager e dei loro clienti dando loro, quantomeno, il tempo di ribilanciare le proprie esposizioni senza incorrere in costi eccessivi.

Come cambia l'indice JPMorgan GBI-EM Global Diversified Index

Nel dettaglio, JP Morgan opta per un cap al 10% per l'inclusione dei bond nel suo GBI-EM global diversified (indice dedicato ai soli sovereign e quasi sovereign) e derivati. Tenuto conto di una percentuale di inclusione progressiva fissata all'1% per ogni mese, il provider fissa in una decina di mesi il tempo necessario a concretizzare il cap previsto. Secondo i dati diffusi da Bloomberg, solo nel mese di agosto, le aspettative degli analisti in termini di afflussi netti su bond continentali cinesi si sono pienamente concretizzate con circa tre billions USD in investimenti (sui tre preventivati).

Evoluzione delle top 10 holdings per il JPMorgan GBI-EM Global Diversified Index

BOX

La policy adottata da Bloomberg Barclays per l'inclusione dei bond governativi cinesi

Ad aprile, la gamma Bloomberg Barclays ha iniziato l'inclusione dei bond cinesi muovendosi per prima nel riconoscere le nuove possibilità che il neonato bond connect porta in dote in termini di accessibilità ad un mercato da circa tredici trillions USD. La tabella di marcia prevede un percorso di 20 mesi, durante i quali, a partire da aprile di quest'anno, 364 bond onshore (emessi quindi nella Cina continentale in valuta locale e finora non accessibili a investitori stranieri) entreranno gradualmente a far parte del Bloomberg Barclays Global Aggregate, uno degli indici più importanti in assoluto per mondo fixed income. Per sua natura, il BBGA è un indice misto, ossia composto sia da bond governativi che da emissioni corporate o di altro genere, ma nel caso cinese, l'inclusione sarà limitata ad emissioni governative, sia emesse direttamente dal Governo locale, sia dalle cosiddette “policy banks”, istituzioni locali che hanno lo scopo di finanziare specifici progetti di sviluppo governativi nei diversi settori strategici. Nel dettaglio, riportiamo qui il numero di bond destinati all'inclusione per singolo emittente: 159 bond governativi puri, 102 obbligazioni emesse dalla China Development Bank, 58 emissioni Agricultural Development Bank of China e, per finire, 45 emissioni della Export-Import Bank of China. Al termine dell'inclusione, la Cina raggiungerà un peso pari al 6% del portafoglio indice con il balzo dello yuan a terza valuta principale tra quelle presenti nel portafoglio. L'inclusione dovrebbe far confluire nelle casse di Pechino oltre 150 miliardi USD, 300 se consideriamo gli effetti della potenziale inclusione anche in tutti i maggiori bond index concorrenti.


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