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La caparra Penitenziale non è tassabile

L'Ordinanza numero 27129 del 2019 della Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un contribuente, a cui l'Agenzia delle Entrate aveva contestato la mancata dichiarazione di una plusvalenza su cui non aveva pagato le tasse. Secondo la Cassazione, la somma incamerata a titolo di caparra penitenziale conseguente all'esercizio del diritto di recesso della promissaria acquirente di due terreni agricoli, a cui quindi non è seguito alcun atto di trasferimento, non è qualificabile come una plusvalenza in quanto, contrariamente alla lettera dell'art. 6 comma 2 del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR), essa non ha natura risarcitoria. Ne consegue che tale somma non è tassabile.

L’Ordinanza in discorso accoglie dunque il ricorso del contribuente precisando come un trasferimento di proprietà non sia sufficiente a dimostrare l'aspetto speculativo della vendita.

La somma incassata a titolo di caparra penitenziale conseguente all'esercizio del diritto di recesso non può considerarsi una plus valenza tassabile.

La Corte sottolinea la differenza tra la caparra penitenziale, prevista e disciplinata dall'art. 1386 c.c. e la clausola penale, anche in relazione alla caparra confirmatoria di cui all'art 1385 c.c. e ribadisce come la caparra penitenziale incamerata per il mancato recesso non è qualificabile come "risarcimento della perdita dei proventi che, per loro natura, avrebbero generato redditi tassabili in ragione del conseguimento di una plusvalenza."




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