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Al Festival dell’economia si parla di “data science”, “la professione più sexy del ventunesimo secol


In attesa che parta, nel settembre prossimo, il nuovo corso di laurea interfacoltà dell’Università di Trento in “data science”, il sociologo Ivano Bison, la consulente marketing di The European House Ambrosetti Giuseppina Civardi, l’amministratrice delegata di Doxa Vilma Scarpino e il presidente della fondazione milanese Human Technopole Marco Simoni si sono confrontati oggi, sabato 2 giugno, al Festival dell’economia su questa nuova professione che fonde competenze matematiche, informatiche, sociologiche e comunicative per analizzare i macroflussi di dati derivanti dalla digitalizzazione dell’economia.

Nel solo 2017 l’umanità ha generato tanti dati quanti ne erano stati prodotti in tutta la sua storia fino al 2016. Ma chi gestisce questi macroflussi? Se lo sono chiesti oggi al Festival dell’economia il sociologo Ivano Bison, la consulente marketing di The European House Ambrosetti Giuseppina Civardi, l’amministratrice delegata di Doxa Vilma Scarpino e il presidente della fondazione milanese Human Technopole Marco Simoni.

“Ogni giorno – spiega Bison – il colosso americano dei supermercati Walmart raccoglie un numero di dati pari a quello necessario per codificare l’intera libreria del Congresso degli Stati Uniti, ma per usarli al fine di prevedere i trend di consumo o per creare nuovi servizi personalizzati per i clienti servono figure professionali che sappiano leggerli nel modo giusto intersecando l’analisi del comportamento umano con competenze informatiche e matematiche”. Di qui la scelta di far partire, in settembre a Trento, un nuovo corso di laurea interfacoltà in “data science”, definita dall’Harvard Business Review “la professione più sexy del ventunesimo secolo”. “Per non essere travolti dal flusso di informazioni che oggi abbiamo a disposizione – dice Vilma Scarpino – non basta inventare nuovi modelli predittivi, ma servono nuovi saperi, giovani che conoscano l’industria oggetto dell’indagine, i metodi quantitativi di analisi dei dati e le piattaforme evolute di raccolta”. “Un cambio di paradigma – le fa eco Giuseppina Civardi – che deve intervenire anche nel settore manifatturiero, ancora troppo legato alla centralità del prodotto a discapito del cliente, ma profondamente mutato con l’avvento dell’Industry 4.0 e della digitalizzazione dei processi produttivi”. “Ottime le prospettive di applicazione della data science anche in campo sanitario, per esempio nell’ambito della medicina di precisione e delle biotecnologie – assicura Marco Simoni – senza però trascurare l’aspetto etico, perché se è legittimo utilizzare le informazioni raccolte per profilare il paziente e salvargli la vita, forse lo è un po’ meno quando si tratta di sfruttarle per alzare il massimale della sua assicurazione o per orientare il suo voto, come nel caso Cambridge Analytica”.


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