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La patrimoniale e il prelievo forzoso: i precedenti in Italia e Europa

Si moltiplicano i segnali in favore dell’imposizione di una tassa patrimoniale in Italia, per tale intendendosi – oltre al prelievo forzoso - la tassazione diretta di beni mobili e immobili (che in Italia è pari a 45,7 miliardi di euro). L’ex presidente della Camera e attuale senatore del PD, Pierferdinando Casini, si è detto favorevole a chiedere di più a chi ha di più per affrontare l’emergenza Coronavirus, parlando esplicitamente di “patrimoniale”. Allo stesso modo, la senatrice del Movimento 5 Stelle, Paolo Nugnes, ha scritto su Huffington Post una difesa di questa tipologia d’imposta. Rischiamo, dunque, l’arrivo di una patrimoniale? Se ne parla da decenni, ma mai occasione si era fatta più propizia di quella che si è presentata con la crisi sanitaria mondiale, che in Italia si è subito trasformata in fiscale.


L’IMPOSTA SULL’IMMOBILIARE IN ITALIA Dopo l’esperienza una tantum dell’Isi nel 1992 (imposta straordinaria sugli immobili), tra 1993 e il 2008 fu applicata l’Ici da pagare per le abitazioni, i beni strumentali e i terreni, agricoli o edificabili; il tributo progressivamente andò a soppiantare l’Ilor per tutti redditi da immobili e l’Irpef per i redditi delle abitazioni principali. Ribattezzata Imu dal decreto Salva Italia, l’imposta è tornata a colpire nel 2012 anche l’abitazione principale, che era rimasta dal 2008 priva di qualunque prelievo ricorrente e ha assorbito anche l’Irpef sul reddito delle abitazioni secondarie. Una tassa sull’immobiliare che non solo quindi è uscita dalla porta e rientrata dalla finestra, ma che ha triplicato il suo peso fiscale. Si stima che nel 2019 l’Imu e la Tasi (la tassa destinata a finanziare i servizi indivisibili comunali, dovuta dai proprietari di immobili e dagli inquilini di immobili concessi in locazione) valessero da sole ben 21 miliardi di euro.   IL CONFRONTO CON L’UNIONE EUROPEA Mettendo a confronto i livelli di pressione fiscale sugli immobili in Italia rispetto agli altri paesi europei si evidenzia come il costo della casa pesi non solo sulle tasche degli italiani, ma anche su quelle dei vicini europei. Secondo uno studio condotto periodicamente dalla Commissione Ue infatti il confronto dei livelli di pressione fiscale sugli immobili ha reso evidente come, nonostante in Italia il prelievo sia una voce importante in rapporto al Pil, in Europa ci siano paesi con livelli di tassazione superiori rispetto a quello del nostro paese (1). Nel dettaglio, il report prende in esame sia le tasse “ricorrenti” (l’Imu) sia le altre tasse di proprietà (come quelle sui trasferimenti e sulle transazioni internazionali) dei rispettivi paesi membri. La fotografia che ne scaturisce vede, nell’ideale classifica delle nazioni con il maggior peso fiscale per le tasse sulla casa, la Francia davanti a tutti con un peso fiscale pari al 4,9%. A seguire ci sono Gran Bretagna (3,1%), Belgio (3,6%), Grecia (3,3%), Spagna (2,7%) e Danimarca (2,4%). Il Bel Paese si colloca solo in settima posizione con un 2,3%, seguita da Portogallo e Polonia. Si tratta comunque di una percentuale comunque più bassa rispetto a quella registrata nell’Ue: 2,6%. I prelievi scendono sotto l’1% i Paesi meno abitati e con una spesa pubblica e di welfare ancora contenute come Estonia, Lituania, Slovenia e Ungheria (2). In ogni caso, le tasse sugli immobili restano un pilastro del prelievo fiscale in Europa. Sulla media europea, sono passate dal 2,2 % del 2005 al 2,6% del 2017. E se in Italia rappresentano, oggi, il 5.9% del Pil, in Francia superano il 10%, anche se la Francia, in estate, scorso ha annunciato proprio l’eliminazione, dal 2020, della tassa sulla prima casa.


IL PRELIEVO FORZOSO: PRECEDENTI IN ITALIA E IN EUROPA A differenza della cosiddetta “patrimoniale”, la quale consiste in una tassa sul patrimonio e quindi vengono tassati beni mobili ed immobili, con il prelievo forzoso si prelevano direttamente i soldi dal conto corrente, allo scopo di trovare una soluzione ad una crisi finanziaria del Paese non risolvibile con interventi di politica monetaria ordinari. Sono passati 27 anni dal giorno in cui il governo di Giuliano Amato, al suo primo mandato, prese la storica decisione, a causa della svalutazione della lira (aveva già perso il 7% del suo valore contro il marco tedesco) e della disastrosa situazione in cui versava la finanza pubblica, di applicare un prelievo forzoso del sei per mille (0,60%) su tutti i capitali detenuti dagli italiani sui conti correnti. Era il 1992, quando gli italiani, improvvisamente, si trovarono a dover affrontare questa tassa, il famoso 6 per mille, nonostante quelle tasse erano già state pagate (3). Ma perché non si scelse l’opzione della svalutazione? La ragione è sempplice: l’Italia deteneva già un debito pubblico troppo elevato e procedere con la svalutazione della lira significava indebolirla più di quanto già non lo fosse, creando così ulteriori problemi alle finanze pubbliche rischiando di condurre il paese in un tunnel senza uscita (4). Questa mossa del Governo però non ebbe i risultati sperati; Infatti, la Lira dovette comunque uscire dal Sistema Monetario Europeo e venne nominato un Governo tecnico con a capo Carlo Azeglio Ciampi. Nel mese di ottobre una maxi-emissione di 47 mila miliardi salvò l’Italia dalla recessione. L’Italia non è stata la sola ad aver vissuto e subito questa odiosa decisione. In Europa, anche Cipro ha fatto ricorso al prelievo forzoso. A differenza del caso Italiano, quello di Cipro sembrerebbe esser stato provocato dall’espansione del sistema bancario, dovuto alla bassa tassazione e al segreto e protezione delle identità e dati dei correntisti. I grossi banchieri ciprioti, come Banca di Cipro, Banca Popolare di Cipro e Banca Ellenica, cominciarono ad investire parte dei loro proventi nella Grecia pre 2008, quella che poi collasserà economicamente. Subito dopo la ristrutturazione del debito greco, le banche e i creditori privati persero circa l’80 per cento del valore dei loro crediti e questo creò grandi problemi, soprattutto per Cipro. E’ così che ebbe inizio la crisi economica cipriota. Gli elementi alla base di tale crisi si possono riassumere in tre concetti: recessione economica, incapacità del governi di trovare capitali, pessimi investimenti delle banche. Infatti, il governo di Cipro, dato il notevole aumento dei tassi di interesse sui titoli pubblici non riusciva atrovare capitali sui mercati internazionali. Cipro subito chiese aiuto alle istituzioni europee che gli rifilarono un “ni”, ossia sarebbero state disposte ad aiutarla solo nel caso in cui Cipro si fosse aiutata da sola. Alla fine di lunghe trattative, il Governo decise di imporre una tassazione obbligatoria a tutti i correntisti residenti e stranieri che avevano del denaro in banche cipriote. Il prelievo fu del valore del 9.9% per coloro che avevano più di 100.000 euro e del 6,75% per coloro che avevano meno di 100.000 euro. In questo modo si riuscì a mettere insieme circa 6 miliardi di euro e, dato il risultato, e istituzioni europee erogarono un prestito di 10 miliardi a Cipro. Le Banche, per evitare l’assalto agli sportelli e la fuga di capitale, rimanessero chiuse per giorni (5).



NOTE 1 – Sole24 Ore; Casa crescono le tasse. Ma più italiani comprano all’estero. 2- Report Eurostat 2019 3- money.it, Il prelievo forzoso sui conti degli Italiani, Amato e il collasso della Lira. Per non dimenticare 4- Prelievo Forzoso sui Conti Correnti: Cos’è e Quando è stato Applicato in Italia nel Passato 5- La patrimoniale in Italia e in Europa

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