Pronunce ACF dopo le Sezioni Unite sulla nullità selettiva
ACF ha emesso due pronunce, una del gennaio e l’altra del marzo 2020, a seguito della sentenza delle Sezioni Unite in tema di nullità selettiva. Occorre osservare come la Suprema Core avesse precisato che l’eccezione di buona fede non è da considerarsi, sotto il profilo processuale, una vera e propria eccezione, bensì una mera allegazione. E, come tale, può essere rilevata d’ufficio, anche quindi nel caso in cui la parte resistente non abbia svolto alcuna domanda diretta sul punto, ma si sia limitata a circostanziare i fatti deducendo il pregresso conseguimento di un profitto da parte dell’investitore che, ora, invoca la nullità del rapporto. Entrambe le decisioni confermano che nel caso di mancanza del contratto quadro, il contratto stesso è nullo. Quindi questo è il presupposto per la contestazione selettiva della nullità del rapporto. ACF ha ritenuto inoltre di poter ravvisare nelle difese dell’intermediario l’eccezione di buona fede, sulla scorta del principio delle S.U.. Nella decisione di gennaio il vantaggio è stato identificato nel fatto che il cliente, “con tutti gli altri ordini di investimento, non contestati, attraverso i quali negli anni ha movimentato il portafoglio (…) ha ottenuto ampi profitti che neutralizzano sostanzialmente le perdite lamentate”. Nella decisione di marzo, al contrario, sebbene il resistente avesse formulato una domanda subordinata di compensazione con eventuali profitti conseguiti dall’investitore nel periodo di operatività del rapporto, è stato opposto da ACF che resta onere dell’intermediario comunque la quantificazione del profitto da compensarsi, mediante una fedele ricostruzione dell’operatività.
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